Il primo ministro del Qatar parteciperà all’incontro del Consiglio di Cooperazione del Golfo, seguendo l’invito del re d’Arabia che vuole portare i leader del Golfo contro Teheran.
di Julie Kebbi L’Orient_Le Jour (30/05/2019) Traduzione e sintesi di Katia Cerratti
Per la prima volta in due anni, un alto funzionario del Qatar visita la Mecca nell’ambito di un vertice straordinario del Consiglio di Cooperazione del Golfo, convocato dal re Salman d’Arabia. Potrebbe trattarsi di un riavvicinamento tra Riyadh e Doha. L’arrivo del primo ministro del Qatar, lo sceicco Abdallah bin Nasser bin Khalifa al-Thani, annunciato ieri sera dal canale al-Jazeera, è infatti fortemente simbolico ed è la prima volta dall’inizio della crisi del Golfo, che un aereo reale del Qatar atterra a Gedda, da quando lo spazio aereo saudita è stato chiuso alla Qatar Airways. Il primo ministro del Qatar incontrerà “alti funzionari dell’Arabia Saudita, degli Emirati Arabi Uniti, del Bahrein e di altri paesi”, ha riferito oggi al-Jazeera, ma ha aggiunto che l’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, “probabilmente non parteciperà all’incontro”. Potrebbero dunque riprendere le relazioni tra i due paesi fratelli del Golfo, da quando il blocco, iniziato nel giugno 2017 da Riyadh, Abu Dhabi, Manama e Il Cairo, non ha avuto gli effetti sperati. L’asse pro-saudita accusa Doha di finanziare il “terrorismo” e di mantenere legami troppo stretti con Teheran.
Un riavvicinamento che potrebbe essere spiegato dalla volontà del sovrano saudita di riunire tutti i leader della regione in un contesto ultra-infiammabile. Le tensioni che si sono intensificate nelle ultime settimane a causa di atti di sabotaggio contro quattro petroliere al largo del porto degli Emirati di Fujairah, seguiti da attacchi di droni contro due stazioni di pompaggio in Arabia Saudita, hanno generato paure di conflitti nella regione. Il consigliere americano per la Sicurezza Nazionale, John Bolton, ieri ha affermato che dietro gli attacchi contro le petroliere, “molto probabilmente” c’è la Repubblica islamica, mentre i ribelli Houthi in Yemen, sostenuti dall’Iran, hanno rivendicato l’attacco droni in Arabia Saudita all’inizio di questo mese.
Oltre al vertice del GCC, i leader arabi e musulmani devono incontrarsi oggi e domani alla Mecca per altri due vertici: l’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) e la Lega Araba. Questi tre incontri dovrebbero essere il mezzo con cui l’Arabia Saudita creerà un fronte arabo unito, adottando una posizione comune contro il regime iraniano; pur riaffermando il suo desiderio di evitare qualsiasi confronto diretto. “I Sauditi capiscono che il Qatar può giocare un ruolo importante” come mediatore con l’Iran, mentre Doha ha già assunto questa responsabilità a Gaza e nell’ambito dei colloqui talebano-americani”, sottolinea a L’Orient-Le Jour Andreas Krieg, professore al King’s College di Londra. Il viceministro degli Esteri iraniano Abbas Araqchi, in visita a Doha, durante un incontro con il ministro degli Esteri del Qatar, lo sceicco Mohammad ben Abderrahmane al-Thani, ha affermato oggi che l’Iran è pronto a impegnarsi in un dialogo con i paesi del Golfo per le crescenti tensioni nella regione.
“C’è una differenza tra il re Salman che vede il Qatar come un potenziale mediatore e il principe ereditario Mohammed bin Salman e il suo omologo degli Emirati Mohammad Bin Zayed, che non approverebbe” una soluzione che include il Qatar, osserva Andreas Krieg. Particolarmente vicini, i due giovani rappresentano una nuova generazione di leader nel Golfo con metodi più aggressivi e meno diplomatici dei loro antenati sulla questione iraniana. Tuttavia, dovranno fare gli equilibristi per rispettare la sensibilità dei loro “fratelli” nel Golfo mentre il Sultanato dell’Oman, Kuwait e Qatar hanno buoni rapporti con la Repubblica Islamica. Se i paesi del CCG adotteranno una posizione comune al termine di questi due giorni sul dossier iraniano, “la dichiarazione che sarà pubblicata dal GCC sarà molto ambigua, perché dovranno trovare un giusto equilibrio tra i loro interessi,” -anticipa Andreas Krieg-, in modo che i paesi che hanno legami con Teheran non mettano a repentaglio le loro relazioni né con il GCC né con l’Iran”.
Oltre al GCC, unirsi a un movimento generale contro l’Iran in seno alla Lega Araba, dovrebbe essere anche un compito difficile per Riyadh e Abu Dhabi, dal momento che alcuni Stati all’interno dell’organizzazione hanno relazioni con la Repubblica Islamica, come Beirut e Baghdad. Nell’ultimo vertice della Lega a Tunisi, lo scorso marzo, i leader arabi sono rimasti particolarmente vaghi sulla questione, affermando in un comunicato che “le relazioni di cooperazione tra i paesi arabi e la Repubblica islamica dell’Iran devono essere basate sul (principio di) buon vicinato “. Sotto l’impulso saudita, tuttavia, la questione iraniana viene regolarmente affrontata dalla Lega. Nel novembre 2017, il ministro degli Esteri saudita Adel al-Jubeir ha denunciato le attività degli “agenti” di Teheran nella regione, riferendosi a Hezbollah e agli Houthi e ha affermato che Riyad “non risparmierà alcuno sforzo per difendere la propria sicurezza nazionale” di fronte all’aggressione iraniana.
L’Arabia Saudita dovrebbe anche cercare di radunare i paesi arabi attorno al piano di pace difeso dal consigliere e dal genero del presidente degli Stati Uniti, Jared Kushner, in un summit che si terrà in Bahrain nei prossimi 25 e 26 giugno.
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