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Perchè in Yemen non interviene la “coalizione araba”?

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Ad oggi nessuna soluzione sembra profilarsi per la crisi yemenita: nessun vincitore, nessun eroe, solo "vittime e carnefici"

L’opinione di Al-Quds. Al-Quds al-Arabi (31/07/2017). Traduzione e sintesi di Antonia M. Cascone

Nel corso degli ultimi giorni, lo Yemen è stato teatro di diversi sviluppi a livello militare.
Il primo di questi sorprendenti sviluppi viene dal gruppo Ansar Allah (Houthi) e dalle forze fedeli all’ex Presidente Ali Abdullah Saleh, che hanno annunciato ufficialmente il loro controllo su numerose postazioni militari saudite nella regione di Jizan. I media sauditi hanno intanto riferito che il confine tra le regioni di Jizan e Nejran ha assistito a violenti scontri e che gli yemeniti hanno sferrato un feroce attacco da tre fronti, culminato con l’uccisione di un funzionario saudita e quattro esponenti delle forze armate.

Secondariamente, gli Houthi e le forze di Saleh hanno annunciato l’attacco ai danni di una nave militare emiratina, al largo delle coste occidentali dello Yemen, tramite una barca carica di esplosivo. Il terzo sviluppo è stato il fatto che gli Houthi abbiano, ancora una volta, preso di mira la Mecca con missili balistici, con l’opposizione delle forze della coalizione, che lo hanno definito un “tentativo disperato di distruggere la stagione del pellegrinaggio”. Il quarto sviluppo è stato l’uccisione di 20 soldati yemeniti in un attacco sferrato dai ribelli a una base militare della provincia di Taiz.
È vero che le guerre vanno e vengono, e che l’escalation degli Houthi e delle forze di Saleh si scontrerà con le operazioni difensive e offensive da parte della coalizione araba, ma è anche vero che il grande intervento militare arabo, che ha avuto inizio nel marzo del 2015, non ha apportato alcun sostanziale cambiamento nel conflitto, e che la situazione dello Yemen, dal punto di vista della sicurezza, della politica, delle infrastrutture e della salute, si è deteriorata in maniera terribile dopo di esso. Nessun segnale reale sembra profilarsi per la risoluzione del conflitto, o per un miglioramento di qualsiasi tipo: non in cielo, non in terra, nemmeno nei più arditi sogni.

L’attivista yemenita per i diritti umani Radhia al-Mutawakil ha documentato le violazioni dei diritti umani in Yemen, esponendone la situazione e sottolineandone la sofferenza (che include colera, carestie, bombardamenti di aree residenziali, mercati, scuole e fabbriche) e ha sottolineato che entrambe le parti in conflitto “hanno utilizzato la tortura come metodologia sistematica per consolidare il potere sulle regioni che hanno assoggettato”. Ha imputato, inoltre, ai due fronti, crimini quali reclutamento di bambini, detenzioni arbitrarie e sparizioni forzate. L’analisi di Mutawakkil della situazione in Yemen e delle violazioni dei diritti umani spiega alcune delle cause che hanno contribuito, e contribuiscono tuttora, alla mancanza di una soluzione: che speranza c’è che la soluzione possa giungere da uno di questi due fronti, quando nessuno di essi rispetta il popolo yemenita? Gli yemeniti che si sono ribellati nel 2011 per porre fine alla tirannia di Saleh possono ignorare il fatto che l’Arabia Saudita gli abbia salvato la vita e che gli Emirati continuino a proteggere suo figlio? Possono ignorare che gli Emirati, uno dei principali Stati della “coalizione a sostegno della legittimità” abbiano svilito questa legittimità impedendo al Presidente di sbarcare ad Aden? Possono ignorare che tutti i fronti in guerra gestiscano centri di detenzione che si fondano sull’arresto e sulla tortura dei cittadini?

Sono svanite, purtroppo, le speranze che avevano animato gli yemeniti agli albori dell’intervento militare arabo: i sogni si sono trasformati in incubi, alcuni difensori della legittimità si sono rivelati essere suoi oppositori e sono diventati, semplicemente, l’ennesimo gruppo che difende gli interessi di un particolare Stato. Come ha affermato Mutawakil, non ci sono eroi in Yemen, ma piuttosto “vittime e carnefici”, e questo spiega, in larga misura, perché la situazione sia così stagnante e la “coalizione araba” stia sprofondando, insieme al resto dei fronti, nelle sabbie mobili yemenite.

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