Medio Oriente Zoom

Noi e loro

Medio Oriente

Di Diana Moukalled. Asharq al-Awsat (13/04/2014). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

“Abbiamo sofferto più di voi e meritate quello che vi sta capitando!”. Questa frase riassume abbastanza bene il sentimento generale avvertito in diversi Paesi del Medio Oriente quando si parla di conflitti etnici e settari, che minacciano chiunque di venirne inghiottito.

Arabi contro curdi, sciiti contro sunniti, cristiani contro musulmani, libanesi contro siriani, arabi contro persiani – sceglietene uno, ma ciò che peggiora questa già insopportabile situazione è il fatto che una porzione notevole dell’opinione pubblica è coinvolta. Non solo politici e militanti, ma giornalisti, scrittori e i cosiddetti intellettuali, che non hanno fatto altro che prolungare questo infinito ciclo di giustificazioni e contro-giustificazioni identificandosi con uno o l’altro gruppo. Hanno contribuito a seminare i semi della polarizzazione e a favorire quelli della loro fazione, religione o setta. Sono questi facili pregiudizi che ci mantengono in questo infinito ciclo di problemi – sebbene molti pensano che ci terranno anche “al sicuro”.

Accentuare i sentimenti di negatività presenti in ogni gruppo rende sempre più difficile, per chi tra noi spera di rompere con questa mentalità tribale, di formarsi delle opinioni proprie e di parlarne apertamente.Noi della regione oggi viviamo in un ambiente che cerca di tarpare le nostre libertà individuali e mantenerci confinati e segregati all’interno della “linea di partito” ufficiale, dissolvendo qualsiasi cenno di diversità dentro la conformità in cambio di deludenti rassicurazioni sulla “sicurezza” all’interno del gregge.

È in questo contesto generale che i “polarizzatori” fomentano le loro narrative di odio e di violenza nel nome della difesa della tribù, del gruppo, del partito, della setta. Quanti giornalisti, scrittori o studiosi della regione sono rimasti immischiati in queste narrative? In un momento in cui le tensioni e i conflitti settari fanno collassare le barriere tra i regimi oppressivi e coloro che vi si oppongono, possiamo osservare com’è facile, sicura e conveniente la scelta di certe figure pubbliche di lasciarsi influenzare da una particolare fazione. Ma questa scelta non fa che alimentare la triste situazione nella quale ci troviamo oggi.

La normale esitazione e l’usuale sospetto che dovremmo avvertire di fronte a tali controverse narrative sembrano essere scomparsi, mentre è diventato del tutto normale vedere come delle giuste lamentele siano diventate strumenti per giustificare la violenza e la vendetta e per manipolare il linguaggio per giocare con le emozioni degli oppressi e degli arrabbiati. Quelli immischiati in queste narrative non mettono fine alle ingiustizie di cui si lamentano così ferocemente, ma di fatto le mandano avanti giustificando atti vendicativi.

Ci troviamo davvero nell’era del “noi e loro”, del “o sei con noi o sei contro di noi” ed è un’enorme sfida per tutti gli individui con dei principi presenti nella regione, che affrontano un nemico implacabile: il gruppo, la tribù, l’etnia o la religione. Sì, è una sfida terribile, ma anche una sfida che dev’essere superata con decisione se vogliamo ricavarci i nostri spazi di libertà di espressione.

Diana Moukalled scrive per Asharq al-Awsat, Al-Hayat e Al-Wasat. È anche editore web per la libanese Future Television, dove conduce lo show Bil Ayn Al-Mojarada (A occhio nudo).

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