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Libia: disequazioni tribali

El Watan (17/07/2014). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo

Il vertice di Hammamet ha partorito due commissioni e tanti buoni propositi di soluzione politica agli scontri tra milizie rivali intorno agli aeroporti di Tripoli e Misrata. A latere Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) prende le distanze dallo Stato islamico (già ISIS) e in Tunisia si verifica l’attentato più sanguinoso contro l’esercito dal 1956.

Dalla scorsa domenica gli aeroporti di Tripoli, Misrata e Mitiga sono teatro di violenti scontri tra le milizie islamiche, sostenute dalle brigate di combattenti di Misrata, e quelle di Zintan, considerate il braccio armato della corrente liberale. Mercoledì una diminuzione dell’intensità dei combattimenti aveva indotto il ministero dei Trasporti e l’ufficio dell’Aviazione Civile ad annunciare la ripresa dei voli da Misrata e la riapertura dell’aeroporto militare di Mitiga, controllato da gruppi islamici dalla caduta del colonnello Muammar Gheddafi. Tuttavia già giovedì scorso la tensione è nuovamente aumentata e l’aeroporto di Tripoli, dal 2011 controllato dalle tribù di Zintan, è stato seriamente danneggiato dai missili delle brigate islamiche. In fumo dunque le speranze riposte nelle elezioni del 25 giugno scorso, che avrebbero dovuto almeno spostare lo scontro in parlamento. Al contrario, nell’attesa dei risultati definitivi che saranno annunciati il prossimo 20 luglio, la prevista vittoria dei liberali ha suscitato inquietudine nelle correnti legate all’islam politico. A queste tuttavia si oppongono le tribù di Misrata, al-Sawaeq e al-Qaaqaa, accusate di ospitare soldati e ufficiali del vecchio regime.

Il ministro degli Esteri libico Mohamed Abdelaziz ha chiesto all’ONU di curare la formazione delle forze di sicurezza locali, per evitare che la Libia diventi uno “Stato fallito”. Il sospetto che le milizie islamiche siano legate ad Aqmi preoccupa molti osservatori libici e dei Paesi limitrofi, anche perché lo scorso 4 luglio quest’ultima ha preso le distanze dal califfato proclamato da Abu Bakr al-Baghdadi, capo dello Stato islamico, colpevole di non aver consultato “le guide dei mujahidin”. Nello stesso documento Aqmi afferma di “volere un califfato sulla via del profeta, basato sulla shura (consultazione) e intenzionato a unire i musulmani e risparmiare il loro sangue”. Un fatto che mostra divisioni all’interno di quella nebulosa composita chiamata Al-Qaeda, che spesso finisce per essere un’etichetta da apporre su un qualsiasi gruppo cerchi di affermarsi richiamandosi al jihad.

A nulla finora sono serviti i buoni propositi contenuti nella dichiarazione di chiusura del vertice di Hammamet del 13 e 14 luglio, cui hanno partecipato i ministri degli Esteri di Algeria, Sudan, Niger e Ciad, il viceministro degli Esteri egiziano, il commissario per la pace e la sicurezza presso l’Unione Africana, l’inviato della Lega Araba e l’inviato speciale dell’Unione Africana. Dulcis in fundo, il delegato agli Esteri dell’ambasciata libica a Tunisi. Niente ministro degli Esteri da Tripoli, dunque, che avrebbe preso parte all’incontro ma ha dovuto annullare per la chiusura degli aeroporti. A parte l’intenzione di proteggere l’unità territoriale e la sovranità della Libia, il vertice ha dato vita a due commissioni. La prima, per la sicurezza, coordinata dall’Algeria, mentre la seconda, cui spetta di supervisionare la tanto attesa transizione politica, condotta dall’Egitto. Una terza commissione composta dai ministri degli esteri dei paesi vicini, si recherà al più presto a Tripoli, aeroporti permettendo, per incontrare tutte le parti politiche.

L’impotenza di chi finora in Libia si è proposto come guida verso la costruzione di uno stato stabile preoccupa il Maghreb, soprattutto per i rischi di contagio. Mercoledì scorso, 14 soldati tunisini sono stati uccisi e altri 20 feriti in un attacco sferrato da gruppi “terroristi” sul monte Chaambi, una regione montuosa vicina al confine con l’Algeria, dove all’inizio di luglio erano morti 4 soldati. Le autorità di Tunisi, che hanno proclamato tre giorni di lutto nazionale, non hanno dubbi: si tratta di gruppi legati ad Al-Qaeda. Il 29 luglio dello scorso anno la stessa regione era stata teatro di un altro assalto all’esercito tunisino, in cui avevano perso la vita 8 soldati. Chaambi è stata dichiarata “zona militare chiusa”, ma i gruppi armati non sono stati ancora neutralizzati.

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