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L’esercito di al-Maliki lascia al-Anbar in mano ai terroristi

Di Abdul Rahman al-Rashed. Asharq al-Awsat (03/01/2014). Traduzione e sintesi di Marta De Marino.

Da quando le truppe americane hanno lasciato l’Iraq, il primo ministro Nuri al-Maliki ha preso il comando dell’esercito, non soddisfacendo le aspettative di molti. Il primo ministro iracheno ha cercato di sanare gli errori della politica rinnovando accordi fondamentali per la regione, ma si sono rivelati ben presto difficili: ha sfiorato spaccature e conflitti con gli altri leader politici di Baghdad, delle province di al-Anbar, senza tener conto delle opinioni dei capi sunniti e sciiti. In questo modo, il suo governo si è indebolito e la stima e il rispetto per la sua figura sono andati scemando.

Inoltre, il numero dei nemici è aumentato notevolmente dopo gli arresti, le uccisioni e le espulsioni di politici avversari di al-Maliki stesso. Durante la recente crisi scoppiata nelle province di al-Anbar, zona sottoposta al “controllo” dei qaedisti, al-Maliki ha inviato le sue forze armate per contrastare il terrorismo, ma l’esercito, contrariamente a quanto promesso, non è stato utilizzato solo per sconfiggere il terrorismo radicato in queste province, ma anche per irrompere in casa di oppositori come Ahmad al-Allawani, al quale poi è stato ucciso il fratello. Ora l’esercito minaccia di lasciare le province di al-Anbar, dove regna il caos e dove la rabbia serpeggia tra i cittadini.

Quella di al-Anbar è una zona ampia e difficile da controllare, come dichiarano gli americani, e l’unica soluzione sarebbe mantenere rapporti di cooperazione con la popolazione, per combattere quel terrorismo alimentato da anni di arresti del governo di al-Maliki. La provincia, inoltre, confina con la Siria, la Giordania e l’Arabia Saudita e le cellule terroristiche potrebbero tracimare e nutrire altri gruppi fuori dall’Iraq. Nuri al-Maliki, in una cosa, però, è riuscito bene: la grave emergenza dell’Iraq gli garantirà almeno due anni di potere, sapendo che non verrà rieletto a causa dei suoi tanti nemici tra i sunniti, gli sciiti, gli arabi e i curdi.

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