Syria Untold (19/11/2014). Traduzione di Claudia Avolio.
In copertina le donne del centro Mazaya reggono la più lunga bandiera della rivoluzione siriana, da loro realizzata (fonte: pagina Facebook del centro)
Il centro Mazaya (parola araba per “vantaggi”) è stato fondato da un piccolo gruppo di volontari per potenziare il ruolo delle donne e mandare un messaggio audace: “Io non sono più uno svantaggio: sono un vantaggio”. Istituito a Kafranbel (Idlib), il centro si trova in uno scantinato di 200 metri, al di sotto di cinque piani – posizione che protegge l’abitato dagli attacchi aerei e dai bombardamenti.
Creato nel giugno del 2013, Mazaya è nato per istruire decine di donne con dei workshop che vanno dall’alfabetizzazione al fornire il primo soccorso, dal cucito alle lingue fino alle abilità informatiche. Questo aiuta le donne a raggiungere una indipendenza economica, creando al contempo un ambiente accogliente in cui le donne possono incontrarsi e darsi sostegno a vicenda.
Il sorprendente numero di donne interessate ad imparare ha spinto il centro – inizialmente pensato come progetto temporaneo – a divenire una parte essenziale di Kafranbel. “Ci siamo resi conto che in tempi simili le donne siriane hanno un disperato bisogno le une delle altre,” sottolinea Nur, a capo di Mazaya. Come parte integrante delle attività del centro, le donne hanno realizzato la più lunga bandiera della rivoluzione siriana, innalzandola nella città di Kafranbel.
Dalla sua nascita, il centro riceve fondi dal Kafranbel Media Center, insieme ad altri gruppi che offrono un supporto temporaneo tra cui le organizzazioni Suriyat al-An (Donne Siriane Ora) e Forum. Nur descrive le difficoltà che hanno riscontrato lavorando nel centro: dal non essere accettate dalla gente di Kafranbel fino a critiche senza fine. Per fortuna, queste donne coraggiose sono riuscite a superare tali difficoltà e a continuare il proprio lavoro, che ha loro valso molto rispetto.
Il 10 novembre scorso, degli uomini non identificati hanno irrotto nel centro Mazaya saccheggiandolo e dandolo alle fiamme. L’artista Raed al-Fares, uno degli attivisti del centro, ha commentato l’episodio con queste parole: “Alcune mani lottano per costruire qualcosa e rendere migliori le vite del prossimo mentre altre mani distruggono e bruciano. Il centro Mazaya resterà attivo, perché non è solo un mucchio di muri ed attrezzature: si tratta di un lavoro senza posa e di continui sforzi”.
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