Di Rashed Essa. Al-Modon (01/05/2014). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.
Il vignettista siro-palestinese di Yarmouk, Hani Abbas, ha vinto il premio Press Cartoonist Award – il più importante del mondo in questo campo – organizzato dalla fondazione Cartooning for Peace a cadenza biennale. Il premio è pensato per dare un riconoscimento ad artisti che hanno “mostrato coraggio, talento ed impegno verso i valori dell’umanità, della tolleranza e della pace e nella lotta per la libertà d’espressione”. Hani Abbas riceverà il premio il 3 maggio insieme alla vignettista egiziana Doaa Eladl, con cui si trova a condividerlo. Come poster dell’evento è stata scelta la vignetta di Hani Abbas dal titolo “Un soldato che annusa il fiore della libertà” (in copertina).
Hani Abbas si è presentato come artista siro-palestinese e forse questa descrizione è il più bel regalo della rivoluzione siriana: intellettuali palestinesi nati e vissuti in Siria la usano con orgoglio verso la rivoluzione con cui hanno condiviso ogni cosa compresa la propria, di rivoluzione. Perciò, Hani Abbas non ha esitato a dedicare il premio “al popolo siriano e palestinese che è martire, prigioniero, sotto assedio e costretto a lasciare i propri luoghi. Al campo di Yarmouk e a tutti i campi assediati. Al vignettista siriano incarcerato Akram Raslan, al giornalista siriano martire Musaab Audatallah, e all’artista siro-palestinese martire Hassan Hassan”.
Quando la rivoluzione è scoppiata, Hani è stato “dalla parte del popolo siriano e delle sue richieste di diritti umani e libertà: questa è la mia gente, sono i miei amici, e coi miei disegni ho espresso la loro sofferenza e la repressione”. Allo stesso tempo, “uccidere, bombardare, assediare, incarcerare, rapire e torturare a morte avviene senza fare discriminazioni tra un siriano e un palestinese”. L’artista, nato a Yarmouk nel 1977, ha lasciato il campo spostandosi prima in Libano e poi a Ginevra (Svizzera) come rifugiato.
Eppure, “sento di essere rimasto a Yarmouk, e tutto ciò che raggiunge la sua gente raggiunge anche me, tra l’assedio, il dolore e le sofferenze quotidiane”. In mezzo a tutto questo sangue, la difficoltà per le sue vignette risiede nel “mutare il corso della caricatura, perché esprima la sofferenza e il paradosso del dolore, non del divertimento” e Hani Abbas tenta di far sì che “l’osservatore senta a fondo l’idea dietro al disegno e vi si immedesimi, in qualunque parte del mondo si trovi. E senta che c’è chi sta martoriando un intero popolo, e l’immagine sedimenti nella sua coscienza e nel suo ricordo”.
Perché lo stesso artista ritrae “l’evento nel suo complesso, ciò che continua oltre il giorno in cui si verifica, le relazioni contraddittorie di questo mondo, il dolore, l’uomo”. E sente che “i paradossi e i traumi devono riflettersi nella caricatura e nel nostro comprendere da capo molte questioni, riconoscendo a chi appartengono davvero”.
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