Medio Oriente Zoom

Venti di cambiamento in Medio Oriente

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Di Wadah Khanfar. Middle East Monitor (13/05/2015). Traduzione e sintesi di Ismahan Hassen.

Il termine al-Sharq (l’Oriente) è stato coniato dagli storici della nostra regione verso la fine del XIX secolo in seguito al crollo dell’Impero Ottomano, all’indomani della prima guerra mondiale. All’epoca, sharq era il termine usato da poeti, intellettuali e riformisti per descrivere in toto quattro popoli che, insieme, formano la regione: gli arabi, i turchi, i curdi e gli iraniani. Oggi, la parola sharq esprime un momento di transizione storica e la richiesta di un nuovo progetto politico. La regione sta infatti vivendo una transizione cruciale e del tutto spontanea.

Come se nel corso dell’intero secolo precedente non si sia fatto molto per la regione, tranne tentare di “pacificarla”, attualmente l’area, pacificata appunto senza senza solide basi, sta esplodendo davanti ai nostri occhi. I suoi confini, le sue minoranze, le sue maggioranze, le sette e le tendenze, rappresentano appieno una situazione di caos totale e smarrimento. Nel corso degli ultimi anni, nel mondo arabo ci siamo preoccupati quasi esclusivamente delle nostre priorità. Esse, anziché mescolarsi ed unirsi, si sono scagliate le une contro le altre, portando la nostra realtà all’esplosione, in un modo che mai si sarebbe potuto immaginare e che mai sarebbe dovuto accadere. Il risultato che abbiamo ottenuto, è stato quello di esserci rivoltati gli uni contro gli altri, mettendo noi stessi in crisi la nostra stabilità.

Negli ultimi anni, l’intera regione ha vissuto in un vuoto strategico e gli arabi, in questo vuoto, hanno rappresentato la parte più debole. Mentre infatti, gli iraniani e i turchi hanno costituito delle entità statali molto più stabili e rappresentative, al contrario, la frammentazione presente nel mondo arabo, in combinazione con le nostre priorità confuse e gli attacchi portati gli uni contro gli altri, ha portato ad un grave squilibrio all’interno dell’intera regione.

In questo contesto, l’Iran ha potuto portare avanti il suo progetto espansionista. Fungendo da punto di equilibrio tra i conflitti e le strategie degli Stati delle regione, l’Iran ha usato tutto ciò che era a sua disposizione, compresa la religione, per incrementare la sua egemonia. L’Iran ha sfruttato il vuoto politico presente nella regione, spingendosi in nicchie, purtroppo, lasciate libere all’interno della nostra realtà araba frammentata. L’Iran ha agito inducendo tutti noi (arabi, turchi, musulmani) a definirci “gente della Sunna”, provocando una sorta di “sensazionalismo sunnita” in contrapposizione alla sua forte entità sciita.

Al di là di quella che può definirsi una “coalizione sunnita”, creatasi solo per contrastare gli interessi iraniani, l’esistenza invece di una coalizione fondata sul principio di servire gli interessi di tutti gli Stati della regione potrebbe aiutarci a raggiungere la stabilità. Il progetto comune alla base di questa coalizione dovrebbe includere: affrontare la realtà quotidiana vissuta dai palestinesi, in particolare l’assedio subito dagli abitanti di Gaza; ripristinare la stabilità in Siria e in Iraq, in quanto “scudi” della Penisola araba; infine, consentire all’Afghanistan di raggiungere una situazione stabile per consentire a tutti i componenti di partecipare a un sistema politico equilibrato

Il futuro della regione quindi, si trova all’ombra di un conflitto interno alle nostre società arabe. Abbiamo festeggiato e ci siamo sentiti entusiasti, quando i nostri giovani sono scesi nelle piazze rivendicando orgoglio, dignità e libertà, accendendo la speranza in tutti noi. Tuttavia, le forze controrivoluzionarie hanno lanciato presto la loro offensiva contro i leader giovanili della rivoluzione, riducendoli spesso nuovamente al silenzio. Per questo motivo il progetto di liberazione e di conquista definitiva della dignità nel nostro mondo, nel mondo arabo, è un progetto in costante e continuo cammino.

Per migliaia di anni, questa regione è stata il punto di riferimento per cambiamenti globali, poiché tutte le modifiche che avvenivano al suo interno si riflettevano sul mondo intero. Il prezzo del cambiamento in questa regione è sempre stato superiore al prezzo del cambiamento in qualsiasi altra parte del globo. Il senso di disperazione che si insinua nel cuore di molti di noi, sta prendendo spazio in fretta, tuttavia è importante che capire che noi non ci troviamo nel mezzo di un conflitto per una posizione presidenziale o per un seggio in parlamento. Per quanto ci riguarda, si tratta di un conflitto sullo spirito interno di questa entità definita ‘sharq’.

Musulmani, cristiani, sciiti, sunniti, drusi, alawiti: abbiamo sempre vissuto tutti insieme in questo unico e solo ‘Oriente’. Questo è il suo vero spirito: la diversificazione, la pluralità. Se dobbiamo combattere per la libertà, dovremo lottare quindi per la libertà di tutti noi.

Wadah Khanfar è il presidente di Al-Sharq Forum, rete indipendente dedicata all’elaborazione di strategie a lungo termine per lo sviluppo politico, la giustizia sociale e la prosperità economica dei popoli del Medio Oriente.

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