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Morsi può tornare?

piccolaDi Abd al Rahman al Rashed. Asharq al Awsat (12/07/2013). I Fratelli Musulmani in Egitto si sono resi conto che non avverrà il reintegro di Morsi nelle sue funzioni di presidente, tuttavia tramite le manifestazioni e la richiesta di farlo tornare vogliono manifestare quello che considerano un loro diritto alla presidenza, presentarsi come vittime del guadagno politico e farla pagare cara ai loro avversari.

In ogni caso, possono scegliere tra tre opzioni: partecipare alle prossime elezioni, probabilmente con un nome diverso che non comprometta la Confraternita, del tipo “Fratelli indipendenti” o “Shabab”; andare contro corrente e ostacolare la vita politica con manifestazioni e sit-in oppure, terza scelta nonché l’alternativa più pericolosa, adottare il linguaggio della violenza. Questa scelta fu la stessa fatta dagli estremisti islamici in Algeria negli anni ’90 quando si isolarono nelle zone di montagna trasformandosi in cellula terroristica jihadista che lottava per far cadere il governo.Il risultato fu che il governo, che era odiato dal popolo, acquistò forza e ne diventò il protettore.

Il leader dei Fratelli Musulmani sa che la terza opzione sarebbe la peggiore per la Confraternita dal momento che compatterebbe il campo avverso. Inoltre l’esercito sarebbe giustificato nel moltiplicare i processi ai simboli dei Fratelli Musulmani, nel chiudere le loro istituzioni, e infine nel minacciare la loro vastissima rete sociale. Questa è stata creata sotto al Presidente Mubarak in un periodo di lunga tregua che ha permesso alla Confraternita di partecipare parzialmente alla vita politica e di espandere il partito sociale. Per di più è certo che la comunità egiziana rifiuterà i Fratelli qualora ricorressero alla violenza, anche perché il governo possiede uno strumento mediatico potentissimo pronto a mobilitare l’opinione pubblica contro di loro.

I Fratelli considerano Morsi come “la legalità” e chiedono che venga reinserito come condizione perché loro stessi tornino a una partecipazione politica. Sono inoltre pronti a delle elezioni anticipate che legittimerebbero di conseguenza l’uscita di Morsi dal governo. La proposta è arrivata tardi. Nove giorni prima del 30 giugno, i Fratelli Musulmani dovevano fare meno concessioni. Dopo che i dimostranti si sono radunati e hanno organizzato una manifestazione mai vista prima in Egitto, Morsi ha dovuto dare le dimissioni. Avrebbe potuto chiedere una dilazione temporale per restare ancora qualche mese durante i quali organizzare elezioni anticipate. Ora la questione si è complicata, c’è un presidente e un primo ministro e un governo ad interim sostenuto dall’esercito e da una grande fetta di popolazione. Il ritorno di Morsi appare quindi impossibile a meno di un miracolo che non si sa come si possa produrre. I Fratelli hanno cercato di trovare il sostegno dei loro alleati tra i gruppi islamici, ma il partito salafita “al Nur”, secondo ai Fratelli Musulmani in quanto a numeri e a influenza, li ha delusi e ha preso una posizione neutrale, per poi chiarire le proprie intenzioni dichiarandosi favorevole al programma del nuovo governo. I Fratelli hanno anche incontrato i loro colleghi islamici in Tunisia, Turchia e Sudan ma questi non hanno di fatto nessun peso né all’interno dell’Egitto né nel mondo arabo. Allo stesso tempo, il nuovo programma politico ed economico è stato incoraggiato da grandi paesi come l’Arabia Saudita, gli Emirati e la Giordania che sono coscienti che il chaos in Egitto metterebbe a rischio tutta la regione. Le azioni portate avanti durante la presidenza dei Fratelli Musulmani sotto il governo Morsi hanno messo in agitazione gli Stati del Golfo che naturalmente hanno appoggiato la transizione senza farsi coinvolgere nel cambiamento stesso. Si sa che è impossibile che qualcuno possa sondare il desiderio di milioni di Egiziani che hanno chiesto di far cadere Morsi. Questa volontà ha espresso la rabbia degli Egiziani verso i risultati del governo Morsi, quale che ne siano le cause. E’ quindi un diritto di tutti, Egiziani e non, accogliere i nuovi risultati e trarne vantaggio dal punto di vista politico.