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L’Europa perde presa sulla Turchia

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Prima, ci si poteva aspettare che gli avvertimenti dell'UE avessero un certo impatto sulle decisioni della Turchia, ma negli ultimi 10 anni, Bruxelles ha iniziato a perdere la sua influenza politica

Di Murat Yetkin. Hurriyet Daily News (15/11/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Come il pazzo del villaggio che si crede un vigile urbano, facendo gesti a macchine che non lo prendono sul serio, l’Unione Europea sta perdendo la sua influenza politica sulla Turchia, ormai da tempo.

L’esempio più recente è stato l’avvertimento del presidente del parlamento europeo, Martiz Schulz, il quale ha dichiarato che se Ankara reintrodurrà la pena di morte, Bruxelles rivaluterà l’adesione della Turchia e potrebbe anche imporre sanzioni. La prima reazione è arrivata dal ministro degli Esteri turco Çavuşoğlu: “Fate pure, ma se avete il potere di fare qualcosa allora dovreste prima porre fine alla propaganda terrorista del vostro parlamento e mettere in guardia i paesi dell’UE sul dare rifugio ai terroristi”, ha detto il ministro facendo riferimento a Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Di recente, un tribunale belga ha deciso che alcune azioni letali del PKK – considerata un’organizzazione terrorista dall’UE – non erano “atti di terrore”. Il presidente Erdoğan ha inasprito la polemica: “La nostra nazione non vi chiederà cosa dovrà fare. Se volete rivalutare l’adesione della Turchia, fatelo alla svelta e dateci una risposta. Siete voi i padroni di casa, quindi non aspettatevi la nostra ritirata”.

La scorsa settimana, il governo ha rifiutato il rapporto annuale dell’UE sulla Turchia, che conteneva parecchie critiche sullo stato dei medie e del sistema giudiziario nel paese, specialmente all’indomani del tentato golpe dello scorso 15 luglio. Erdoğan ha dichiarato che l’Unione Europea dovrebbe “vergognarsi” per non aver dato “sostegno sufficiente” al popolo turco.

Prima, ci si poteva aspettare che gli avvertimenti dell’UE avessero un certo impatto sulle decisioni di Ankara, ma negli ultimi 10 anni, Bruxelles ha iniziato a perdere la sua influenza politica, usando sempre il bastone e senza mai far intravedere la carota.

È per questo che anche il Partito Repubblicano del Popolo (CHP), principale formazione socialdemocratica all’opposizione, sta criticando l’UE per la sua apparente mancanza di solidarietà democratica con il popolo turco al di là di una retorica vuota. Il CHP, che si è schierato con il governo contro il tentato colpo di Stato e lo sostiene anche nella lotta al terrorismo del PKK e di Daesh (ISIS), sostiene che il presidente e il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) stiano approfittando della simpatia post-golpe semplicemente per aumentare il loro potere e zittire le voci dissidenti. Il CHP critica il governo per il suo tentativo di mettere pressione sul giudiziario e sui media, applicando leggi nel quadro dello stato di emergenza imposto dopo il 15 luglio.

Esiste un’altra linea rossa cruciale per le relazioni Turchia-UE: l’accordo sui rifugiati. Firmato lo scorso marzo, l’accordo riguarda il controllo da parte di Ankara dei flussi migratori verso l’Europa scatenati dalla guerra civile in Siria in cambio dell’introduzione di visti flessibili per i cittadini turchi verso i paesi dell’area Schengen. Dalla firma dell’accordo ad oggi sono cambiate diversi fattori: la Turchia dice di non poter modificare la legge sull’anti-terrorismo, ultimo punto per l’intesa sui visti, a causa dello stato di emergenza. L’accordo sui rifugiati scade alla fine del 2016 e deve essere rinnovato: forse questo rinnovo costituirà l’ultima occasione di salvezza per le relazioni tra Ankara e Bruxelles.

“Aspettate fino alla fine dell’anno. Poi chiederemo direttamente al popolo, così come ha fatto il Regno”, ha detto Erdoğan in un discorso del 14 novembre facendo riferimento al referendum sulla Brexit.

Murat Yetkin è un gironalista e opinionista turco.

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