Di Charlotte Bank. Qantara.de (24/03/2014). Traduzione e sintesi di Laila Zuhra.
Nel suo nuovo film, “Ladder to Damascus” (Scala per Damasco), presentato lo scorso marzo all’International Film Festival and Forum on Human Rights di Ginevra, il celebre regista siriano Mohammad Malas è riuscito a ritrarre la tragedia del conflitto in Siria senza rappresentare scene di violenza, trasmettendo invece un messaggio di umanità.
“Ladder to Damascus” racconta contemporaneamente la storia di due giovani che si conoscono e si innamorano grazie a un progetto cinematografico, e le dinamiche che si snodano nell’appartamento in cui vivono. Il protagonista, Fouad, soprannominato “Cinema” per l’ossessione che nutre per quel mondo, incontra Ghalia durante alcune prove teatrali e ne rimane totalmente affascinato, perché ritiene che dentro di lei ci sia un “film nascosto” tutto da scoprire.
I due giovani condividono un appartamento nel cuore della Città Vecchia di Damasco con un gruppo di artisti, disegnatori, scrittori e filosofi: un mix variegato di persone appartenenti a diverse religioni ed etnie che rappresenta, in un certo senso, un microcosmo della società damascena, e incarna le speranze dei siriani per una trasformazione pacifica, che appariva ancora possibile all’inizio delle rivolte e che ora sembra andare in frantumi tra preoccupazioni, terrore e fanatismo.
Il film racconta nel modo più profondo i cambiamenti intervenuti nella vita della capitale siriana e le difficoltà nel trovare la forza di resistere ogni giorno. L’atmosfera minacciosa è sempre presente: dal rumore in sottofondo dei jet militari e delle esplosioni in lontananza, alla perenne paura di venire arrestati; tuttavia, vengono raccontate soprattutto storie di speranza e solidarietà. “Ladder to Damascus” è intessuto di immagini poetiche che vagano tra il sogno, il ricordo e la realtà, impressionando lo spettatore con la loro carica simbolica.
La scena finale è quella più emblematica: nell’apprendere la notizia dell’uccisione di Bassel Shehadeh, giovane studente di cinema freddato per le strade di Homs mentre effettuava delle riprese, uno dei personaggi, Hussein, appena uscito di prigione, scaraventa il televisore fuori dalla finestra, creando un frastuono tale da ricordare quello di una bomba. Hussein, a questo punto, si arrampica su una scala urlando a gran voce la parola hurriyyah (libertà), ma un’esplosione sovrasta il suo grido e lo schermo diventa nero. Difficile trovare un modo più chiaro e diretto per raccontare la storia della rivoluzione siriana – la storia del grido collettivo per la libertà soppresso mortalmente con le armi.
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