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La corsa per la conquista di Damasco

Di Abdul Rahman al-Rashed. Al-Sharq Al-Awsat (29/07/2012). Traduzione di Cristina Gulfi

La corsa per accaparrarsi il potere nel post-Assad ha subito un’accelerazione da quando i segni della caduta del regime sono evidenti a tutti, perfino agli alleati: l’incontro di Doha, le dichiarazioni di Riyadh, la chiamata da Roma, gli scontri al confine con la Giordania, le minacce di intervento turche oltre ai blocchi politici, militari e rivoluzionari sia dentro che fuori la Siria.

Gli ultimi giorni del regime siriano non saranno facili ma il passaggio di potere sarà ancora più difficile. Tutti ardono dal desiderio di garantire alla Siria un futuro diverso e dire addio a quarant’anni di legge di ferro, salvo forse i “dissidenti siriani” che si sono incontrati a Roma per trovare una soluzione politica alla crisi, gli affiliati del regime e alcune sue figure simbolo che dallo scorso anno si sono alleati con Teheran e Mosca.

Il timore è che questa gara così serrata generi ancora più caos e apra le porte a coloro che intendono sabotare la Siria, con particolare riferimento all’Iran e ai suoi alleati. D’altra parte, le varie fazioni siriane si troveranno strangolate una volta caduto il regime, a meno che confluiscano in un’unica tendenza e accettino il pluralismo. Se negli anni passati il governo siriano non ha permesso di identificare tutte le forze in campo, ciò non vuol dire che non fossero presenti. Anzi, il pluralismo è ben consolidato nel tessuto sociale siriano, in termini di idee, politica e movimenti.

Attualmente, l’arena siriana è al culmine della mobilità: ci sono, infatti, il Consiglio Nazionale, l’Esercito Libero, il Movimento Democratico, i Fratelli Musulmani, il Consiglio Nazionale Curdo, le potenti tribù arabe, i movimenti turkmeni, l’Associazione degli Ulama, la coalizione laico-democratica, le grandi famiglie come al-Shishakli e al-Atassi, oltre ovviamente ai coordinatori e alle varie forze rivoluzionarie.

È presto per definire una mappa politica ma non perché i siriani pensino di unirsi sotto una nuova bandiera e inizino a definire meccanismi di rappresentanza politica e di azione per procedere poi alla formazione di un governo. Nessuno vuole che il regime di Assad cada senza che venga meno anche la formula basata su quel totalitarismo che ha abusato della Siria fin dal colpo di stato baathista del 1963. L’unico modo per evitare un vuoto di potere è un’ampia alleanza, lasciando ai cittadini la possibilità di scegliere in seguito. Non si tratta di un regolamento di conti, ma di un futuro condiviso.