Di Salman Aldossary. Asharq al-Awsat (24/00/2014). Traduzione e sintesi di Francesca De Sanctis.
In occasione delle elezioni parlamentari in Bahrein, più del 51% degli iscritti alle liste elettorali si è recato alle urne nonostante la campagna di boicottaggio promossa dalla Società Nazionale Islamica Al-Wifaq, principale esponente dell’opposizione sciita nel Paese.
Nonostante gli appelli intimidatori delle fatāwā religiose, infatti, la partecipazione al voto è stata notevole, soprattutto rispetto alle elezioni precedenti, che avevano visto l’adesione di Al-Wifaq e un’affluenza alle urne del 67%: il consolidato mito della maggioranza di Al-Wifaq, riconosciuto anche da governi europei e organizzazioni internazionali, si è quindi rivelato falso. Attraverso queste elezioni, infatti, i cittadini del Bahrein, sia sunniti che sciiti, hanno dimostrato di non poter essere controllati facilmente, né dal Al-Wifaq né da altri.
Cosa comporta esattamente questo crollo del “mito della maggioranza” di cui Al-Wifaq ha approfittato per tanti anni? Ci aspettiamo determini un ridimensionamento del suo ruolo di portavoce del popolo: dovrebbe d’ora in poi limitarsi a parlare in nome dei propri membri e sostenitori e non più in nome di tutto il popolo del Bahrein, né della sua componente sciita per intero. Naturalmente Al-Wifaq avrà il diritto di mantenere le proprie posizioni chiuse a qualsiasi soluzione di compromesso che possa porre fine alla crisi politica nel Paese e potrà continuare ad attenersi a pretese impossibili per la sua partecipazione alla vita politica, ma il mito secondo il quale rappresenterebbe la maggioranza del Paese è stato ormai ampiamente sfatato da queste elezioni.
Con questa vittoria della democrazia gli abitanti del Bahrein hanno mostrato la loro determinazione a proseguire nel processo di riforme politiche del Paese. L’eventualità di una più ampia adesione al boicottaggio non avrebbe fatto altro che bloccare il processo democratico in uno dei Paesi della regione in cui avrebbe meglio potuto svilupparsi.
La democrazia non ha una ricetta unica che possa essere prescritta dalle organizzazioni internazionali. Non è possibile applicare le stesse regole a tutti i Paesi, grandi e piccoli, in Scandinavia allo stesso modo che nella giungla africana. La strada verso la democrazia deve uscire dal ventre della comunità che la concepisce e non può discostarsi dalla sua natura. Le democrazie in Norvegia e Svezia non superano forse quella statunitense? È davvero possibile paragonare, per esempio, la democrazia tedesca a quella turca? Anche in materia di libertà d’espressione la situazione varia tra i diversi Stati europei. Il Belgio decide di ritirare la cittadinanza a chi prenda parte a scontri con gruppi estremisti all’estero.
Vi sembra un provvedimento consono ad una società democratica che si dichiari estremamente rispettosa delle libertà personali? La discussione è aperta e ci sono opinioni contrastanti sulla questione, tuttavia la conclusione che si può trarre è che decisioni come questa derivano da una società che vuole adattare il proprio sistema democratico con l’intento di proteggere i propri cittadini piuttosto che lasciare che li esponga a dei rischi.
Il 23 novembre su questo giornale il dottor Baqir al-Najar aveva confrontato le mosse dell’opposizione in Giordania e Kuwait nel boicottare il parlamento nei rispettivi Paesi e le conseguenze del boicottaggio per l’opposizione sciita in Bahrein, mentre il professor Samir ‘Atallah aveva descritto la campagna di boicottaggio delle elezioni in Bahrein più come uno spreco di tempo, e l’aveva definita un “inganno”. Ecco però che i cittadini del Bahrein dichiarano la loro posizione: sono per lo sviluppo dell’esperienza democratica e non per la sua distruzione come vorrebbero Al-Wifaq ed altri.
Ora la domanda è: Al-Wifaq sarà disposto ad ammettere che il tempo dei miti è infine giunto al termine e che il fatto che rappresenti la maggioranza del Bahrein è l’ultimo di questi miti?
Salman Aldossary è il caporedattore del quotidiano Asharq al-Awsat.
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