Daily News Egypt, (21/05/2013).
Le stradine del Cairo dietro Khan el-Khalili sono state da sempre teatro di attività economiche. Oggi, incastonate tra le case antiche e le moschee dell’epoca fatimide, varie botteghe tradizionali hanno resistito, sfidando le tendenze moderne e le pratiche di produzione contemporanea.
Queste piccole “nicchie nei muri” e le strade che hanno adottato come residenza, sono colme del rumore sprigionato dall’attività che viene svolta al loro interno, il tutto accompagnato dalla recitazione del Corano proveniente dalla radio vicina.
Conosciuta come Khan Abo-Ta’ya o Haret El-Yahoud, (il quartiere ebraico) la zona è tra i primi fornitori di souvenirs sgargianti (collane, orecchini) che riempiono i negozi e attraggono turisti.
“Possiamo lavorare qualsiasi tipo di materiale, che sia oro, argento, o rame”, assicura Mohamed Zaki, un vecchio artigiano di 64 anni che lavora da 50 anni. “Prima che venisse bandito dal commercio, lavoravamo anche con l’avorio proveniente dall’Africa”. Zaki e I suoi compagni di lavoro riforniscono i bazar con piccoli pezzi di argento o dipinti con i quali saranno decorati i souvenirs: “questi piccolissimi oggetti non possono essere prodotti industrialmente: noi soltanto possiamo farlo”.
Il lavoro è sempre personalizzato, I commercianti vanno da Zaki, con l’immagine dell’oggetto richiesto o con indicazioni precise su come produrlo.
Gli artigiani usano ancora le stesse tecniche e gli stessi strumenti di 60 anni fa. Iniziano con il frantumare il materiale in piccolo pezzi per poi passarli in stampi fabbricati in metallo.
Mentre l’artigianato è rimasto uguale a sé stesso malgrado lo scorrere degli anni, la zona è stata soggetta a cambiamenti. Zaki dice che un tempo questa zona aveva un profumo speciale, emesso dai quegli edifici fatiscenti che oggi sono stati rasi al suolo e sostituiti da piccolo case.
“Quando ero giovane io vedevo andare in giro le persone più anziane con le galabie e i turbanti. Sembravano venuti fuori direttamente dall’era fatimide..oggi queste tradizioni sono acqua passata”. Zaki ricorda la sua giovinezza come “un periodo di grazia e di bellezza” e la paragona, con tristezza, alla situazione attuale. “Un tempo I lavoratori egiziani godevano di una buona fama internazionale, ci pagavano bene e la vita era facile. Essere un buon artigiano o un operaio era considerato un obiettivo da raggiungere, non come ora in cui sono considerate attività misere”.
Oggi i commercianti di spicco e i mercanti di Khan El-Khalili tendono a trascurare gli operai locali e preferiscono avvalersi del lavoro di indiani, cinesi e altri asiatici.
Affinché l’artigianato egiziano torni agli antichi splendori, gli stipendi dovrebbero riiniziare ad essere sufficientemente alti da attrarre nuove reclute. Questo succederà solo quando l’industria riceverà un appoggio tecnico e finanziario dal governo che dovrà inoltre attuare, insieme al settore privato, nuove politiche di marketing. “Un nuovo programma globale dev’essere lanciato dal governo egiziano insieme alle banche più importanti per resuscitare questa professione che sta sparendo”, dice Zaki.
Abbiamo lasciato Zaki nello stesso posto in cui ha trascorso 50 anni della sua vita professionale, e dove continua a far prova dello stesso amore per il suo lavoro. La sua piccola bottega è il suo mondo. Non si è sposato perché, come ci ha raccontato, non ha voluto che i suoi figli dovessero ereditare la sua ardua professione, e spera la sua attività conosca giorni migliori.