Costa molto più respingere i migranti che accoglierli come si deve

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Di Salam Sarhan. Al-Arab (07/12/2016). Traduzione e sintesi a cura di Raffaele Massara.

Se di colpo venissero rimpatriati tutti i cittadini stranieri presenti sul suolo britannico, partendo dal mercato immobiliare, passando per industria agricoltura e piccole imprese, si arriverebbe in poco tempo al collasso dell’economia nazionale; aumenterebbero le tasse, l’evasione fiscale ed il paese sprofonderebbe nella violenza e nel caos tornando indietro di secoli.

I sostenitori della Brexit, del presidente americano Donald Trump e dei tanti partiti di destra europei sembrano non rendersi conto che l’economia mondiale gira in maniera troppo veloce da permettersi uno stop del genere.

Rispedire al proprio Paese tutti gli immigrati e rifugiati entrati solo quest’anno in Germania, ad esempio, significherebbe un duro colpo alle finanze tedesche: l’unica risposta allora è l’integrazione.

Certo, ci possono essere alcuni aspetti temporaneamente negativi in questa ondata migratoria, come la paura di maggior concorrenza, ma l’immigrazione costituisce una nuova spinta al sistema produttivo dei paesi ospitanti: nuove imprese, nuovi posti, nuovi consumi, un vantaggio astronomico che supera di gran lunga i possibili danni collaterali da essa causati.

Il Fondo Monetario Internazionale è chiaro nel dire che i Paesi occidentali hanno sempre più bisogno di nuova manodopera per sostenere le proprie economie, messaggio che non pare arrivare agli isolazionisti e conservatori.

La stessa uscita del Regno Unito dall’UE divide la società britannica in due tronconi: uno armato di numeri, statistiche e fatti, l’altro fomentato dagli slogan dei partiti destroidi. Slogan che cavalcano il malcontento, la rabbia e che promettono protezionismo ed isolazionismo, misure insostenibili per il paese. Intanto però il valore della sterlina è sceso del 20 % mentre si discute su come ovviare questa “indipendenza”.

I sostenitori dei “confini” parlano addirittura di rivedere i trattati economici internazionali, secondo loro causa delle ondate migratorie, non sanno che così facendo danneggerebbero l’economia mondiale, la quale si basa ormai su una fitta rete di contatti e rapporti tra paesi: tagliarne solo uno creerebbe una pericolosa reazione a catena!

Prendiamo ad esempio gli Stati Uniti: se Trump cancellasse veramente gli accordi con la Cina, fallirebbero migliaia di imprese americane che producono in Cina e milioni di cinesi rimarrebbero senza impiego; ciò metterebbe in ginocchio i sistemi economici dei due paesi e avrebbe ripercussioni in tutto il globo.

Si può tentare di capire cosa spinge ogni giorno migliaia di giovani africani, latinoamericani ed est-europei a migrare verso Paesi più ricchi, migliorare il sistema dell’accoglienza, ma sicuramente non si possono né respingere i migranti né fermare i meccanismi che regolano l’economia mondiale.

Salam Sarhan è un giornalista e scrittore iracheno.

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