Di Youssef Ziraoui (Tel Quel 21-27/04/2012) – Traduzione di Viviana Schiavo
Boulevard Roudani, quartiere Maârif, Casablanca. In un angolo improbabile dietro i muri bianchi che costeggiano questa arteria, in una delle zone più frequentate della metropoli, c’è la sede di una polizia poco conosciuta al grande pubblico: la Brigata Nazionale della Polizia Giudiziaria (BNPJ). Se fino a poco tempo fa non esisteva alcun cartello a indicare l’entrata del luogo, né tantomeno la sua esistenza, ora i tempi stanno cambiando, almeno un po’. Ormai, l’accesso al luogo è chiaramente segnalato e capita persino che il capo della BNPJ, Abdelhak Khayyam, prenda parte a delle conferenze stampa, contrariamente al suo predecessore. L’unità, nel suo insieme, resta più che discreta: quando chiamiamo il servizio d’informazione di Maroc Telecom, l’operatrice risponde che esiste un numero per la Direzione generale della sicurezza nazionale (DGSN), un altro per la Polizia giudiziaria, ma assolutamente niente per la BNPJ, come se non esistesse! Allora a che serve questa brigata misteriosa? Su quale tipo di affari lavora? Da chi dipende? Qual è il suo legame con gli altri corpi di sicurezza? La BNPJ è stata creata insieme alla DGSN (Direzione Generale della Sicurezza Nazionale) dal dahir (decreto reale) del 16 maggio 1956. Nella pratica, questa brigata dipende organicamente dalla DGSN, che le assegna una parte delle sue missioni, e dal Ministero della Giustizia, ma ha anche la possibilità di prendere l’iniziativa autonomamente. Inoltre, quando i prefetti della polizia giudiziaria stimano che una questione superi il loro campo di competenza, questa passa in mano alla BNPJ, come fosse «una sorta di polizia giudiziaria evoluta», riassume un funzionario della DGSN. Definizione restrittiva se si considera che la BNPJ è spesso incaricata di missioni considerate come affari di Stato. Questi vanno dal terrorismo agli scandali economico-finanziari, passando per le questioni che riguardano la sicurezza del paese (droga, criminalità e, eventualmente, emigrazione clandestina). Ma la BNPJ è definitivamente uscita dall’anonimato con gli avvenimenti terroristici. Sono stati, infatti, i suoi uomini, nel 2001, ad interrogare i membri della famosa «cellula dormiente di al-Qaeda», guidata dal saudita Mohamed Zouheir Thabiti. Sempre loro hanno messo sotto torchio una trentina di membri di Al Hijra wa Takfir, responsabili di una serie di uccisioni in varie zone del paese. Migliaia di presunti terroristi sono passati per i locali della BNPJ a Casablanca e la maggioranza ne conserva un ricordo assolutamente negativo. Proprio nel quadro della legge antiterrorista marocchina, Human Rights Watch ha pubblicato, nell’ottobre del 2010, un rapporto dedicato alla detenzione arbitraria in Marocco. La BNPJ figura, insieme alla DST (Direzione di Sorveglianza del Territorio), sulla lista dei cattivi alunni in materia di rispetto dei diritti degli imputati. Concretamente, cosa si rimprovera ai membri della brigata? Molte cose, come quella di piombare a casa dei sospettati a notte inoltrata o molto presto la mattina, contrariamente alle disposizioni di legge, di non presentare nessun documento della procura che li autorizzi a fare degli arresti e/o perquisizioni, di omettere spesso di presentarsi. «Un detenuto presunto terrorista non ha, generalmente, nessuna idea di dove si trovi e con chi abbia a che fare» denuncia un avvocato di Rabat. Una volta nei locali della BNPJ a Maârif, si cessa di esistere. Solo qualche giorno più tardi un comunicato degli Interni annuncia lo smantellamento di tale banda o tale rete. Gli arresti non sono annunciati che diversi giorni, a volte settimane dopo la loro data effettiva. Insomma, che si tratti di un alto funzionario dello Stato, un serial-killer, un takfirista o un semplice comune mortale, raramente si conserva un buon ricordo del passaggio al quartier generale della BNPJ.
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