Di Talal Khawajah. Al-Hayat (15/03/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.
Ciò che più attrae di Tripoli è la sua capacità a resistere in questo teatro di scontri politici ed ideologici, una capacità che rappresenta anche la sua forza. Al di là dell’immagine stereotipata e statica a cui siamo abituati, che riflette una città in degrado, in disordine, preda alla rabbia e alla violenza, Tripoli non smette di sorprendere il visitatore di turno con una visione del tutto differente e variegata e che contrasta in toto l’immaginario collettivo.
La società civile riflette tutte queste ambiguità, tra luci ed ombre. Lo spazio pubblico diventa vittima di ogni tipo di aggressione e contesa, tra cui l’ultima la discussione circa la realizzazione di un campus universitario al fine di riaccendere il fervore delle arti e della cultura.
In particolare è la posizione del campus a destare preoccupazione. L’obiettivo consiste nel trasferimento delle succursali dell’università libanese dal sobborgo di Qubbe (un’area prima simbolo della classe media poi ridotta a zona popolare e di recente centro di violenti scontri soprattutto in seguito alla rivoluzione siriana), verso l’area settentrionale di Tripoli, a Mont Michel.
Lo stesso movimento si ramifica in altri sobborghi della città, in particolare nei quartieri più poveri, per contrastare il senso di rovina e offrire stabilità e sicurezza. Bauzar vuole instaurare un legame culturale e sociale non solo a Tripoli, ma in tutto il Libano, al fine di garantire ad “ogni strada il suo muro e ad ogni villaggio il suo bauzar”.
Ribattezzata la “città dei murales”, Tripoli si tuffa in un oceano di forme e colori per varcare i confini dell’antica cittadella.
Talal Khawajah è attivista della società civile di Tripoli.