Di Talal Khawajah. Al-Hayat (15/03/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.
La città di Tripoli è stata sempre nell’occhio del ciclone, al centro di violenze di ogni specie che hanno macchiato quel polo culturale e artistico a cui essa era devota.
Ciò che più attrae di Tripoli è la sua capacità a resistere in questo teatro di scontri politici ed ideologici, una capacità che rappresenta anche la sua forza. Al di là dell’immagine stereotipata e statica a cui siamo abituati, che riflette una città in degrado, in disordine, preda alla rabbia e alla violenza, Tripoli non smette di sorprendere il visitatore di turno con una visione del tutto differente e variegata e che contrasta in toto l’immaginario collettivo.
Arte, letteratura, poesia e musica classica inondavano teatri, centri culturali e piazze, tra cui piazza al-Tall e piazza Karami con i suoi spettacoli a cielo aperto rivolto ad un pubblico di appassionati. Meta di artisti e non, di ogni angolo della terra, fu oscurata dal periodo di occupazione e reggenza sotto il Movimento Islamico Unitario, trasformando lo spazio pubblico in “fortezza dei musulmani di Tripoli”.
La società civile riflette tutte queste ambiguità, tra luci ed ombre. Lo spazio pubblico diventa vittima di ogni tipo di aggressione e contesa, tra cui l’ultima la discussione circa la realizzazione di un campus universitario al fine di riaccendere il fervore delle arti e della cultura.
In particolare è la posizione del campus a destare preoccupazione. L’obiettivo consiste nel trasferimento delle succursali dell’università libanese dal sobborgo di Qubbe (un’area prima simbolo della classe media poi ridotta a zona popolare e di recente centro di violenti scontri soprattutto in seguito alla rivoluzione siriana), verso l’area settentrionale di Tripoli, a Mont Michel.
Il progetto è stato avviato agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso, in cui vi hanno partecipato l’allora presidente Rafiq Hariri, il primo Comitato di Monitoraggio e il Consiglio di Sviluppo e Ricostruzione. Insieme al Movimento Bauzar (dal persiano bazaar, “un bazaar dell’arte”), si intende restaurare il fatiscente muro delle facoltà di scienze con la realizzazione di murales contrastando l’immagine di degrado della città. Al progetto hanno preso parte importanti artisti e scultori che hanno contribuito a reintrodurre quel senso perduto di modernità e di arte.
Lo stesso movimento si ramifica in altri sobborghi della città, in particolare nei quartieri più poveri, per contrastare il senso di rovina e offrire stabilità e sicurezza. Bauzar vuole instaurare un legame culturale e sociale non solo a Tripoli, ma in tutto il Libano, al fine di garantire ad “ogni strada il suo muro e ad ogni villaggio il suo bauzar”.
Ribattezzata la “città dei murales”, Tripoli si tuffa in un oceano di forme e colori per varcare i confini dell’antica cittadella.
Talal Khawajah è attivista della società civile di Tripoli.
Add Comment