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Quando la democrazia non è abbastanza

Zoom 27 giu DemocraziaDi Rami G. Khouri. The Daily Star. 26/06/2013. Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Le manifestazioni e le sfide contro i regimi democraticamente eletti in Egitto, Turchia e Brasile suggeriscono che bisogna cercarne il motivo in un qualche elemento strumentale di queste nuove e democratizzate società, piuttosto che fornire una spiegazione culturale. La linea di analisi più semplice e comune riguarda la compatibilità tra “islam e democrazia”, senza mai essere affiancata da discussioni simili, quali “ebraismo e democrazia” o “cristianesimo e democrazia”. Le manifestazioni in massa in questi tre Paesi sono particolarmente intriganti in quanto i loro leader sono stati eletti in modo democratico e quindi sono senza dubbio legittimi. In più, tutti e tre i Paesi stavano attraversando un periodo di successi e di grandi speranze, come i massicci miglioramenti nelle condizioni economiche delle popolazioni di Brasile e Turchia, nonché il processo di transizione democratica in Egitto: la politica egiziana ha proposto un nuovo modello di riferimento attraverso il quale si misurano le altre agitazioni politiche in tutto il mondo, come per esempio in Turchia, dove alcuni analisti hanno discusso circa la probabilità della creazione di una nuova Piazza Tahrir.

Le centinaia di migliaia di persone che sono scese in strada in Turchia e Brasile, oltre ai milioni in Egitto che hanno promesso di manifestare a livello nazionale per ottenere la deposizione del presidente Morsi il 30 giugno, nel primo anniversario della sua salita al potere, sollevano questioni ragionevoli su diversi aspetti delle due maggiori dimensioni della governance: la politica e lo stile dei detentori del potere. Se la legittimità dei leader di questi tre Paesi non è direttamente in questione, allora perché i cittadini insoddisfatti hanno protestato per esprimere le loro preoccupazioni?

Sospetto che ciò che stiamo vivendo sia un’espressione drammatica della debolezza intrinseca dei due processi simultanei che si stanno lentamente diffondendo nel mondo: uno è il maggioritarismo basato sulla democrazia e l’altro è la continua diffusione del capitalismo neo-liberale, che trasforma i cittadini in consumatori e dà alle aziende molto più potere nella sfera pubblica di quanto ne dia ai normali cittadini. L’inizio della convergenza e della globalizzazione di queste due forze può essere individuato all’inizio degli anni ’80, sotto la guida del presidente Reagan negli USA e del premier britannico Thatcher nel Regno Unito.

L’elemento critico in gioco in Egitto, Turchia e Brasile – ed in grado minore anche altrove nel mondo – è il malcontento tra i cittadini, i quali avvertono che la loro capacità di votare la guida del Paese non sia espressione sufficiente del trattamento decente ed equo dei loro diritti da parte della loro stessa società. La maggior parte dei manifestanti in Brasile  e Turchia sono membri della nascente classe media che hanno beneficiato delle politiche dei leader degli ultimi dieci anni o più. Le loro condizioni di vita stavano ampiamente migliorando.

In Egitto, le condizioni economiche sono rimaste tragiche, ma la gente ha avvertito una speranza, una legittimazione ed una dignità rinnovate nelle loro vite, venendo coinvolta per la prima volta nella scrittura della Costituzione e nella creazione di un sistema di governance che rifletteva i suoi valori e le sue aspirazioni.

Eppure i cittadini scendono ancora in massa in strada nei loro Paesi perché non sentono che i meccanismi democratici esistenti siano sufficientemente attenti ai loro diritti, bisogni e preoccupazioni. Quest’ultime comprendono una vasta gamma di problematiche circa le identità settarie ed etniche, le realtà economiche, le libertà politiche, la corruzione, i servizi pubblici e, forse la più importante, lo stile arrogante di gestire il potere. L’arroganza dei leader liberamente eletti ha intaccato, senza negarla totalmente, la legittimità del loro potere. Ciò ha inoltre scatenato un nuova storica risposta da parte di masse di cittadini che protestano nel tentativo di forzare quel tipo di compromessi, consultazioni e cambiamenti politici che non stanno avendo luogo attraverso il normale processo democratico.

La maggior parte delle proteste sono state di tipo spontaneo, organizzate a livello locale e non coordinate all’interno di un movimento nazionale. Il miglior esito di queste manifestazioni sarebbe quello di rinvigorire gli elementi del formale processo democratico – elezioni, parlamenti, tribunali, partiti politici – che tendono a perdere la loro attrattiva e molta della loro legittimità quando diventano spietatamente arroganti.

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