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Di nuovo il sangue di Gaza

Di Hussein Shobokshi. Asharq Alawsat (19/11/2012). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi

Stiamo assistendo all’ennesimo attacco israeliano su territorio arabo, questa volta alla Striscia di Gaza. Le armi israeliane colpiscono in modo indiscriminato facendo nuove vittime, tra cui donne e bambini.

Il premier israeliano è in cerca di quella consacrazione militare a spese degli arabi che i suoi predecessori hanno avuto e lui no.  Non è riuscito a convincere il mondo, né il Mossad, il suo ministro della difesa Ehud Barack e l’opinione pubblica israeliana della necessità di colpire l’Iran col pretesto di contrastare il suo programma nucleare. Ha quindi pensato di ottenere ciò che voleva con un violento attacco a Gaza.

Bisogna anche considerare che Hamas si è liberato dal controllo e dalle restrizioni del regime siriano. Assad in effetti impediva di realizzare il sogno di un confronto con Israele e “bacchettava” i leader che osavano superare la linea rossa dettata da Damasco.

Inoltre, Netanyahu è consapevole che la rielezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti allontana le possibilità di uno scontro con l’Iran, situazione completamente diversa se avesse vinto il repubblicano Mitt Romney.

Tutte queste considerazioni hanno fatto sì che il premier israeliano arrivasse in fretta alla decisione di attaccare Gaza, allo scopo di annullare ogni opportunità per la Palestina di essere accettata come stato membro dell’ONU. È infatti in atto una campagna di disinformazione per convincere in modo particolare l’Occidente che, nelle regioni sotto il controllo dell’Autorità Palestinese, il terrorismo è in ascesa.

Sotto il governo Netanyahu non ci sarà spazio per i negoziati di pace tra Israele e i palestinesi. Al contrario, all’interno del partito al vertice ci sono delle “fazioni” che chiedono che gli abitanti di Gaza vengano deportati nel Sinai. Si tratta di una visione che trova sempre più consenso, con la conseguenza che le operazioni militari israeliane, che Netanyahu minaccia di estendere con la mobilitazione di 30.000 truppe di riserva, sono un modo per assicurarsi la vittoria in vista delle prossime elezioni.

L’aggressione israeliana è anche un modo per testare il nuovo governo egiziano, per vedere fino a che punto è dalla parte di Gaza e fino a che punto invece vale l’impegno nel rispettare gli  accordi di pace. L’intelligence egiziana finora non ha trovato i “responsabili” degli incidenti nel Sinai. È Gaza, Hamas e i suoi estremisti? O è il Mossad che gioca un ruolo ambiguo in questa situazione?

L’attacco a Gaza da non sarà certo l’ultimo crimine o massacro commesso da questo stato canaglia che persiste nel violare le leggi internazionali. Israele è come un cane che morde per difendersi: la primavera araba ha scosso Netanyahu, che ora si trova davanti a uno scenario inatteso perché la libertà nel mondo arabo continua la sua ascesa. Gli arabi non accetteranno niente meno della libertà e della dignità degli stati in cui vivono e di cui sono stati privati.

http://www.asharq-e.com/news.asp?section=2&id=31862