Di Khalid Al-Karimi. Yemen Times (25/11/2014). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi
Il 7 novembre scorso, in Yemen è stato formato un nuovo governo – un governo tecnico, basato sulle competenze e non sull’appartenenza politica. Tuttavia, la presa di Sana’a da parte degli Houthi ha intensificato le rivendicazioni separatiste da parte del Movimento Sudista. Le promesse di una maggiore unità e rappresentanza politica alla fine dei combattimenti, il 21 settembre scorso, sono state infatti ignorate.
I manifestanti di piazza Al-Arood ad Aden non intendono rinunciare all’indipendenza. La nomina di un membro del Movimento Sudista a consigliere del Presidente nell’ambito dell’Accordo di Pace e di Partenariato Nazionale non sembra far cambiar idea ai sudisti, tantomeno l’aver garantito loro una presenza significativa all’interno del nuovo governo: il nuovo Primo Ministro e il 40% dei nuovi Ministri provengono infatti da governatorati meridionali.
Dal 14 ottobre, quando sono iniziati gli accampamenti di protesta in piazza Al-Arood, il numero di manifestanti ha continuato a crescere e si suppone raggiungerà il culmine il 30 novembre – termine ultimo fissato dal Movimento Sudista perché tutto il personale governativo del nord lasci il sud del Paese.
“Il separatismo è nel sangue della popolazione meridionale. Ecco perché il movimento di protesta di piazza Al-Arood non si è dissolto nemmeno dopo la formazione del cosiddetto governo di competenze”, dice Mustfa Qasim, cittadino di Aden che vuole l’indipendenza. “Lo giuriamo, Sana’a non ci governerà” è uno degli slogan inneggiati in questi giorni.
La ragione per cui i manifestanti sono insoddisfatti del nuovo governo è che i funzionari meridionali scelti da Sana’a sono considerati complici della “occupazione nordista” e non hanno nulla a che vedere con la lotta per l’indipendenza portata avanti dal Movimento Sudista. Molti di loro, inoltre, vivono da lungo tempo al nord: è il caso del Ministro delle Telecomunicazioni, Lufti Mohammad Salem, o del Ministro dell’Industria e del Commercio, Mohammad Al-Sadi.
Per gli yemeniti del Sud, l’indipendenza è molto più che una questione politica. Le loro rivendicazioni rimandano alle esigenze del quotidiano – avere del cibo, una casa, un lavoro – e non agli incontri ufficiali che si svolgono a Sana’a. È quanto sottolinea Ali Hasn Ali, rappresentante del Movimento Sudista alla Conferenza di Dialogo Nazionale: “La nostra priorità sono i bisogni della gente”. Ecco perché rimpastare il governo non basta.
Il secessionismo ha raggiunto i livelli massimi. La reazione al nuovo governo è la stessa incontrata dall’esecutivo di Mohammad Salem Basindwa nel dicembre 2011. Gli yemeniti del sud non fanno affidamento su Sana’a, poiché il Movimento Sudista non si fida di alcun governo.
E mentre il 30 novembre si avvicina, ci si chiede se la situazione, al momento pacifica, non possa degenerare in violenza. Secondo Ali Hasn Ali, gli yemeniti del sud non hanno visto nessun cambiamento concreto dalla fine della Conferenza di Dialogo Nazionale, di conseguenza non riconoscono la formazione del nuovo governo.
Al tempo stesso esclude che il Movimento Sudista ricorrerà alla violenza il 30 novembre o in seguito. “L’escalation sarà pacifica, perché sanno che la violenza inficerebbe la loro lotta. Le loro rivendicazioni sono giuste”.
Khalid Al-Karimi è un reporter del Yemen Times.
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