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Tunisia: Ennahda prende il sopravvento

Di Nizar Bahloul. Al-Monitor (22/06/2014). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Dopo settimane di procrastinazione, contrattazione e transazioni, i partiti politici tunisini hanno finalmente raggiunto un accordo: le elezioni legislative precederanno quelle presidenziali. È quello che voleva Ennahda, insieme a un regime semi-parlamentare, e lo ha ottenuto. D’ora in poi, e diversamente dalla maggior parte delle principali democrazie, la Tunisia voterà prima per il parlamento e poi per il presidente.

Di fatto, le alleanze negoziate nel corso degli ultimi due anni stanno venendo meno. Per i piccoli partiti non è più fruttuoso unire le forze con quelli più grandi. D’ora in avanti ognuno sosterrà la propria parte in modo da ottenere il massimo dei voti, e che vinca il migliore.

Questo parlamento sarà dominato da due grandi partiti che condividono circa il 60% dei voti, fondamentalmente un mosaico da cui la Tunisia non sarà in grado di trarre nulla di buono. Chi vincerà le elezioni, in ultima analisi arriverà al 30% e non sarà in grado di governare senza forgiare larghe alleanze. Il nuovo governo sarà indebolito e ogni decisione emessa – non importa quanto appropriata possa essere – sarà bloccata.

Per il campo democratico, il pericolo è più pronunciato. Dal momento che le elezioni legislative si terranno prima delle elezioni presidenziali, le parti attaccheranno le elezioni in modo caotico per misurare la loro influenza reale. Il partito islamista, tuttavia, resterà unito. I partiti democratici, invece – dove non prevale né un’ideologia né un interesse supremo, ma solo le ambizioni personali – saranno disorganizzati: i loro elettori non sono particolarmente noti per la disciplina, a differenza di quelli islamici. In sintesi, nel campo islamista, i candidati sono “tutti per uno e uno per tutti”, mentre in campo democratico, al contrario, lo slogan è “a ciascuno il suo e Dio per tutti”. La seconda parte della citazione rimane discutibile.

Una volta che le elezioni parlamentari si saranno svolte, seguiranno le elezioni presidenziali. Nel mezzo della campagna presidenziale, i partiti saranno impegnati con le alleanze e il presidente dovrà gestire da solo il suo “incontro con la gente”. Ci sarà una vera e propria smobilitazione della base elettorale, consapevole che tutto è già deciso. Nel nostro nuovo sistema semi-parlamentare, il presidente non avrà molto peso.

A cosa serve, dunque, lavorare sodo per un presidente quando è già stato eletto il primo ministro?

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