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Scandalo in Tunisia

Mohamed Krichan (Al-Quds al-Arabi – 16/5/2012). Traduzione di Carlotta Caldonazzo

Recentemente in Tunisia si è verificato un incidente molto grave, che tuttavia non ha ricevuto la dovuta attenzione: durante una seduta di voto dell’Assemblea Costituente (in 10 maggio scorso N.d.R.) si è scoperto che il numero di voti dichiarati, tra favorevoli, contrari e astenuti, era maggiore del numero dei partecipanti effettivi. Dopo qualche momento di trambusto, prima che fosse interrotta la seduta, il presidente in evidente imbarazzo ha deciso di contare manualmente i presenti. Da questo è risultato evidente che il numero dei voti visibile sullo schermo era nettamente superiore, mentre di norma ogni deputato esprime il suo parere premendo un pulsante davanti alla sua postazione. Conclusione, alcuni parlamentari che si sono proclamati di opposizione hanno votato anche al posto dei loro colleghi assenti per formire il più alto numero possibile di consensi al testo presentato.

Un duro colpo e una delusione estremamente amara. Il Consiglio infatti, eletto lo scorso ottobre, detiene l’autorità legittima in questa fase di transizione in Tunisia e dovrebbe elaborare la nuova costituzione del paese, che presumibilmente getterà le fondamenta dello stato di diritto, delle libertà e del buongoverno. Ad alcuni deputati invece non è bastato che la gente non li consideri più con rispetto perché molti di loro disertano le sedute e pronunciano discorsi pregni di una tensione che cela rabbia e risentimento invece di manifestare l’intenzione di proporre e chiarire il loro punto di vista. A questi deputati insomma non è bastato di proporsi chi come un pericoloso estremista, chi come una figura grottesca. È arrivato dunque questo scandalo a scuotere ciò che restava del prestigio di questa istituzione agli occhi dei tunisini.

Nei più antichi parlamenti del mondo non mancano sporadiche esagerazioni, ma quanto accaduto in Tunisia è diverso e molto più pericoloso. È qualcosa che riguarda l’onestà e l’integrità, che dovrebbero abbondare in ogni deputato eletto dal popolo nelle prime elezion libere del paese dal 1956, anno dell’indipendenza dalla Francia. Non è una questione di manipolazione né indulgenza. La Tunisia è uscita dall’amara esperienza della presidenza di Zine el-Abidine Ben Ali, caratterizzata da ogni sorta di impunità, violazione dei diritti, distorsione delle verità, declino dei valori. Come può chi viene dopo tutto questo, cui non auguro di finire “deposto”, adottare pratiche infamanti come imbrogli vergognosi, falsificazioni evidenti, un’indifferenza imbarazzante verso quel minimo di etica di chi ha scelto di vivere nel dominio pubblico.

L’aspetto più pericoloso di tutta la vicenda, che avrebbe dovuto almeno essere seguita da espressioni sentite di rimorso e pentimento da parte di tutti i deputati coinvolti, o dalle dimissioni di tutti quelli che rispettano veramente se stessi e il loro popolo, è che si sta dissipando sempre di più la fiducia che si suppone che domini tra il popolo, le nuove istituzioni, i partiti e l’intera classe politica emersa in Tunisia. In questo paese purtroppo serpeggia un disprezzo generalizzato nei confronti di molti comportamenti in diversi giornali e media e sta via via calando il livello del dibattito politico in varie piattaforme di discussione di diversi orientamenti politici. Un fenomeno comprensibile nel quadro delle fase di transizione, in cui si registra un alto grado di scontri e rappresaglie, oltre che l’entrata di centri di potere corrotti nella sfera del dibattito politico e mediatico. Nondimeno che il fermento arrivi all’Assemblea Costituente, che teoricamente dovrebbe incarnare la speranza e il cambiamento, è un’indicibile catastrofe.

Il grande poeta tunisino Munaouar Samadeh una volta pronunciò un famoso verso sulla sofferenza e la persecuzione del tempo del presidente Abib Bourguiba, nel quale l’autore lo ha visto rinnegare il suo slogan di sempre: “due coe nel mio paese hanno infranto la mia speranza – la sincerità nelle parole e la purezza nell’azione. – L’unico timore è che siamo tutti allo stesso punto”.