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In pochi mesi, la Turchia ha cambiato faccia

Turchia akp

Di Serkan Demirtaş. Hurriyet Daily News (02/11/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

I risultati delle elezioni del 1° novembre sono chiari: il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) ha ottenuto circa il 9% di voti rispetto allo scorso giugno e ha riguadagnato il terreno perduto. I tre partiti di opposizione, al contrario, hanno perso un bel po’ di voti e, di conseguenza, l’opportunità di ritrovarsi in un governo di coalizione.

La domanda è: cos’è successo negli ultimi cinque mesi da causare un simile rovescio sullo scenario politico? Anche se la risposta è da cercare soprattutto in fattori socio-economici, cerchiamo di inquadrarla nel contesto politico.

Sono stati molti gli sviluppi nell’intervallo tra le due votazioni che hanno avvantaggiato il partito al potere. Innanzitutto, è necessario sottolineare che il popolo turco ha iniziato a stufarsi della sempre crescente instabilità del paese e il vuoto politico degli ultimi cinque mesi ha rievocato i giorni bui degli Anni ’90, quando la Turchia veniva governata da coalizioni di governo fallimentari. Quindi, è la nozione di stabilità ad aver avuto la meglio nelle elezioni del 1° novembre.

La differenza maggiore tra i due turni elettorali è che l’ultimo è avvenuto nel mezzo della violenza e degli attentati, situazione che la Turchia non viveva da tempo. Il paese è stato scosso da due grossi attacchi terroristici in questi cinque mesi: quello a Suruç a luglio e quello ad Ankara a ottobre. È in questo lasso di tempo che il governo ha lanciato un’offensiva militare per contrastare la minaccia di Daesh (ISIS). Oltre allo ‘Stato Islamico’, anche il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha commesso atti di violenza contro l’esercito turco e la reazione della polizia ha influito ancora di più l’opinione pubblica.

Sia il presidente Recep Tayyip Erdogan, sia il premier Ahmet Davutoglu hanno accusato duramente il Partito Democratico del Popolo (HDP) filo-curdo, accuse che sembrano aver avuto un riscontro positivo da parte degli elettori nazionalisti. L’AKP è apparso come l’unica struttura politica in grado di combattere il terrorismo e portare sicurezza al paese.

A livello politico, una delle ragioni fondamentali che hanno permesso all’AKP di avere più voti è stato il fatto che il leader del Partito del Movimento Nazionalista (MHP), Devlet Bahçeli, ha perso tutta la fiducia della sua base elettorale a causa della sua incapacità a tenere unito il partito. I sostenitori nazionalisti e conservatori del MHP non hanno quindi esitato a votare l’AKP.

Quanto all’HDP, a pochi mesi dalla clamorosa vittoria con il 13% dei voti, stavolta è riuscito a malapena a superare la soglia del 10%, pur aggiudicandosi il posto di terzo partito al parlamento. Per molti, il suo declino è da ricercarsi nel fatto che i curdi più conservatori si sono discostati dall’HDP a causa dei tentativi del PKK di creare cantoni e regioni autonome nella regione sud-orientale della Turchia. Anche le azioni di violenza perpetrate dal PKK hanno influito sui circoli di imprenditori locali i cui affari hanno sofferto della crescente instabilità nella regione.

Da parte sua, la formazione social-democratica all’opposizione ha mantenuto i suoi voti, ottenendo anzi un numero maggiore di seggi in parlamento. Tuttavia, i risultati non hanno soddisfatto a pieno il Partito Repubblicano del Popolo (CHP), soprattutto il suo leader Kemal Kılıçdaroğlu, la cui frustrazione si ripercuoterà sicuramente sul modo di affrontare le nuove sfide politiche.

Infine, non vanno trascurate le condizioni nelle quali le elezioni del 1° novembre si sono svolte. Negli ultimi cinque mesi, i media turchi sono stati messi sotto pressione, con diversi attacchi violenti contro testate e giornalisti indipendenti da parte di personaggi e quotidiani filo-governativi. Alcuni giornali e canali televisivi sono stati bloccati dalle autorità, mentre il resto dei media pubblici e privati sostenevano solo il partito al potere e il presidente.

Si potrebbe dunque dire che la Turchia che ha votato il 1° novembre non è la stessa di cinque mesi fa. I risultati delle ultime elezioni potrebbero portare a quella “nuova Turchia” tanto agognata dai funzionari governativi. Staremo a vedere che faccia avrà.

Serkan Demirtaş è un giornalista opinionista turco.

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