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“Cos’ho trovato?”: l’esperienza italiana della poetessa marocchina Dalila Hiaoui

di Dalila Hiaoui (Sayidaty.net 11/05/2012) – Traduzione di Claudia Avolio

 

E’ stato forte il tam-tam degli studenti che per le strade di Roma si oppongono alla riforma dell’istruzione, e poi quello dei sindacati dei lavoratori che chiedono la riforma del lavoro. Ho attraversato il fermento dei partiti di sinistra che chiedono la caduta del governo, e poi tra i partiti di destra quelli che si oppongono al governo e sono contro la sinistra. Le tante conversazioni telefoniche che ho avuto, piene d’affetto da parte di chi mi chiamava per sapere che ero uscita sana e salva da tutte quelle manifestazioni. Mi hanno tempestata di vere e proprie interviste affettuose che oscillavano tra sfera pubblica e privato. Visto che le domande erano bene o male le stesse, ho scritto quanto segue e l’ho pubblicato per chi mi sta più a cuore – da cui non escludo voi che mi state leggendo – così non dovrò ripetere come un pappagallo.

 

“A Roma, oltre ai Sette Colli, ho trovato una piuma superstite dalle ali che nel loro volo l’avevano portata in alto lassù.

 

Ho trovato la stima senza che essa derivasse dalle mie origini. Poiché la gente ha considerato il mio valore, in quanto essere umano, e non per essere la figlia di questo o la moglie di quell’altro.

 

Ho trovato considerazione da parte della gente verso l’arabo, la nostra lingua, vissuta dagli italiani come un innamoramento. Esempio per noi che tanto spesso invece storciamo il naso se chi parla arabo non lo infarcisce di francese o inglese.

 

Mi sono trovata a pari livello del maschio non solo il giorno delle elezioni.

 

Ho trovato un luogo per il mio orecchio in cui non fosse costretto ad ascoltare i dischi rotti della volgarità. Né il mio piede ad attraversare, nelle mie passeggiate quotidiane, gli orrori di tombe a cielo aperto per gli oppositori.

 

Mi sono trovata a non essere accusata finché il mio crimine non fosse stato provato, e non colpevole fino a prova contraria.

Ho trovato un luogo in cui l’ornamento della mia cavigliera non fa sorgere negli uomini domande sul mio orientamento sessuale. Un luogo in cui la forma antica della mia collana ed i miei bracciali non vengono considerati dalle donne per forza un segno di stregoneria.

 

Ho trovato un luogo in cui non mi hanno chiesto di giustificarmi col prossimo per ogni mia scelta e ognuno dei miei passi. Un luogo in cui il prossimo in questione non si intromette né sentenzia su affari che non lo riguardano. Questo nonostante l’apertura incondizionata all’Altro, portata avanti in particolare dalle famiglie del Centro e del Sud Italia, alla luce delle loro regioni che sono vere attrattive turistiche.

 

 

Naturalmente l’Italia non è esule dalle regole prefabbricate nei bunker dell’informazione errata, la cui prassi viene controllata da certe regioni in cui dominano posizioni estremiste e tendenze scioviniste rispetto agli immigrati. Quando si è sottovalutata la sinistra progressista modernista, essa si è trovata a racchiudere l’immigrato e la sua integrazione nella mera considerazione del suo background culturale e delle sue pratiche religiose. E quando si sono sottovalutati i leaders della destra conservatrice, essi si sono trovati a promulgare leggi surreali: la divisione delle classi scolastiche in cui ci fossero troppi bambini immigrati, a prescindere dal loro essere italiani come tutti gli altri; i medici che avrebbero dovuto mettere al corrente di essersi trovati a curare immigrati clandestini ammalati; il divieto di contrarre matrimonio tra italiani ed immigrati; l’organizzazione di pensionati in ronde notturne a tutela di potenziali reati commessi dagli immigrati. Soprattutto dopo l’11 settembre, si è diffusa negli animi la paura per ciò che è (visto come) “arabo”, kebab incluso. Forse ci si può rincuorare considerando la capacità di dialogo degli italiani, che non rende la comprensione esatta dei concetti una battaglia contro i mulini a vento, come quella di Don Chisciotte. Piuttosto stende un tappeto di comunicazione ai nostri piedi. Chi si trovi a percorrerlo, non viene sempre condotto verso città di rose: ma il percorso ci dà la possibilità di cogliere dalle loro nobili doti un seme, un fiore, un sole e acquisire, nel cammino, dei fratelli cui ci lega lo stesso sangue.”

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Claudia Avolio

6 Comments

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    • Shukran jazilan!!! La luce è quella dei tuoi occhi e del tuo sorriso, che generosamente condividi con tutti noi, attraverso parole piene di poesia. Poterle tradurre è un onore e il tanto entusiasmo che tu ci regali fa bene al cuore e al pensiero! Grazie infinite, poetessa Dalila. E grazie a Giusy e a Zouhir che hanno trovato il tuo articolo in arabo e me lo hanno fatto leggere. Con l’augurio di continuare a scambiarci questa luce gli uni con gli altri. Un sorriso da Claudia.

  • sono contenta che la signora Dalila si sia trovata bene nel nostro paese e che lo descriva come luogo in cui è stata valutata per quello che è. ho provato un senso di orgoglio nel leggere le sue parole, anche perché io amo il Marocco e vorrei veramente che il mondo fosse uno solo, che non ponessimo barriere e non ci isolassimo come una fortezza.

    • Sono infinitamente contenta anch’io. Grazie mille Alessandra di aver voluto condividere il tuo augurio per un mondo che non si isoli, e per questo scambio d’amore tra Marocco e Italia così vivo nelle tue preziose parole. Abbiamo bisogno di occhi come i tuoi, e come i vostri, in grado di cogliere segnali di unità che ovunque ci parlano di quanto siamo vicini, tutti. Grazie di cuore, anche la tua è poesia. Claudia.

  • Il mio incoraggiamento per la traduzione del testo narrativo del grande poetessa DALILA HIAOUI. Hai afferrrato il senso e la forma liguistica. Insieme per un mondo aperto . chokran mina al maghreb( marocco)

    • Shukran jazilan lak!!! Significa molto questo incoraggiamento, esteso a tutti quelli che lavorano in questo luogo virtuale e reale, e mi piace molto lo slogan “Insieme per un mondo aperto”. Faccio a tutti noi un augurio a proposito di “incoraggiare”, cioè “dare coraggio”: qualche tempo fa ho scoperto che in italiano la parola “coraggio” viene dalla radice di “cuore”. Ricordarlo forse ci aiuterà a tenerli sempre vicini, il cuore e il coraggio, come sono nati. Un grazie profondo e continuiamo tutti il nostro lavoro, in Marocco e in Italia, con cuore e coraggio! Claudia.