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Arabia Saudita: il monopolio culturale

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Che cosa danneggia di più l’arte: la sua assenza o il controllo dei suoi contenuti?

Di Eman al-Guwaifli. AlAraby al-Jadeed (12/03/2017). Traduzione e sintesi a cura di Andrea Francesco Monaco.

In Arabia Saudita le questioni di pubblico interesse, e nella fattispecie quella relativa all’intrattenimento e ai suoi limiti, si discutono in base a se la società sia d’accordo oppure no. O meglio: se le autorità approvano un provvedimento, anche la società è d’accordo; se le prime non approvano, allora il caso è chiuso.

La verità è che parlare della volontà o del rifiuto della società rispetto a un determinato argomento in seguito alla decisione già presa del governo, vuol dire manipolare la società per giustificare una decisione presa in assenza di procedure democratiche. Tuttavia, mentre è piuttosto semplice prendere una decisione unilaterale in alcuni ambiti, il governo sembra avere maggiori difficoltà nell’imporre un monopolio sulla cultura. Pur penetrando settori vitali come l’istruzione e la stampa, nessuno Stato è mai riuscito a controllare completamente la cultura; e questo perché il corso naturale è quello in cui la gente si avvicina spontaneamente alla cultura, l’eccezione è l’oscurantismo.

Per questo oggi, in Arabia Saudita, sono sempre di più i musicisti autodidatti: la musica è vietata nelle scuole, e il movimento artistico sopravvive presso gli amatori. Tuttavia la vexata quaestio che tormentava i giovani di trent’anni fa – “le canzoni sono proibite?” – si è oggi trasformata in: “che genere ascoltiamo?”. E ogni qual volta la “cultura ufficiale” si allarghi, cercando di imporre il controllo su più ampie superfici, la cultura libera vi si oppone usando nuove espressioni e mezzi, finché la “cultura ufficiale” non cede alle nuove tendenze.

Il paradosso saudita è che persino i difensori dell’arte mancano spesso di senso artistico. Costoro la considerano come un’arma ideologica piuttosto che come arte vera e propria. Le loro tesi più controverse vedono nella musica un mezzo per contrastare il terrorismo: “Combattete il terrorismo con la musica!”, altre invece considerano l’arte in chiave meramente goliardica. Quello che però sfugge a questi signori è che l’arte è l’espressione estetica di tutto, ed è stata a servizio dei violenti come dei pacifisti; dei tristi come dei contenti.

L’arte è bella e indipendente e questi sono i suoi unici attributi. Il vero dibattito è quello che s’interessa ai fondamenti dell’arte, ma l’assenza di un tale dibattito apre le porte a una domanda più seria: cosa danneggia di più l’arte: la sua assenza o il controllo dei suoi contenuti?

Eman al-Guwaifli è una giornalista e scrittrice saudita.

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