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Accordo del Secolo: vaneggiamenti ai margini di un conflitto storico

al-Quds al-Araby (28/01/2020). Traduzione e sintesi di Mario Gaetano

Da quando è giunto alla Casa Bianca, il presidente americano Donald Trump non ha cessato di fare regali al suo amico, il Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Il tycoon ha iniziato prima di tutto a ridimensionare in modo arbitrario le istituzioni diplomatiche dell’OLP, ha ridotto il contributo americano all’organizzazione UNRWA, poi ha spostato l’ambasciata americana a Gerusalemme, e dulcis in fundo ha riconosciuto ad Israele, la sovranità delle alture del Golan ed ha esteso le colonie israeliane sulla sponda occidentale.

È noto che la maggior parte di questi “regali” miravano a sostenere Netanyahu in entrambe le elezioni del Knesset, nelle quali, egli non è riuscito a formare una coalizione di destra di stampo religioso; rimanendo da un lato, senza la certezza di avere una maggioranza per formare un nuovo governo, dall’altro, senza un scudo contro le accuse di corruzione che continueranno a perseguitarlo, fino a quando non comparirà davanti alla magistratura.

Trump, tuttavia, non ha fatto questi regali a Netanyahu solo per aiutarlo in questo momento difficile, bensì per assicurarsi dei vantaggi personali da tali regali, ossia il tycoon vorrebbe sia compiacere i sostenitori delle correnti cristiano-sionistiche ed evangeliche, da un lato, dall’altro vorrebbe ingraziarsi le comunità ebraiche americane.

Ieri [il 27 gennaio scorso N.d.R.], Trump ha concesso un ultimo regalo a Netanyahu, che ritiene essere il più prezioso, ovvero ha annunciato i dettagli di quello che, a suo dire, è “l’Accordo del Secolo”, nel quale è contenuta “la soluzione storica del conflitto israelo-palestinese”, così come l’hanno definita il genero di Trump Kushner, l’ambasciatore americano a Gerusalemme, David Freedman e l’inviato americano in Medio Oriente, Jason GreenBlatt.

L’accordo in questione, che ha visto la luce nel dicembre 2018, porterà il presidente Trump e la sua amministrazione, ad ulteriori vaneggiamenti, e finirà per marginalizzare la storia del conflitto israelo-palestinese,  che, al contrario, non si risolverà con l’elargizione di mazzette da cinquanta miliardi di dollari al fondo degli investimenti palestinesi, oppure stabilendo l’autorità israeliana sull’intera Gerusalemme, in cambio della quale, ai palestinesi, è concesso di fissare la propria capitale a Shu’fat oppure ad Abu Dis, o di scavare un tunnel che collega la Cisgiordania alla Striscia di Gaza.

Se questi sono i termini dell’Accordo, esso non avrà lunga durata, anzi sarà osteggiato sia dai palestinesi che, in modo quasi totale, dalla società internazionale.

Infine, chi garantisce che il prossimo presidente americano democratico confermerà questa scemenza politico diplomatica senza tenere in considerazione il decennale approccio americano al conflitto israelo-palestinese?

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