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Tocca al Libano…?

Fino a neanche un mese fa, in molti erano concordi sul fatto che il Libano, nonostante le tensioni interne sempre latenti per via delle divisioni confessionali e della polarizzazione del confronto interno, potesse essere considerato un’oasi nella tempesta provocata dalle rivolte arabe nella regione mediorientale. In effetti, nonostante l’onda delle proteste si propagasse dalla Tunisia alla Siria, passando per l’Egitto e lo Yemen e senza tralasciare il Golfo, il Libano rimaneva relativamente intaccato dal fenomeno. Solo un fattore avrebbe potuto influire su un’eventuale destabilizzazione del Paese dei Cedri: un precipitare degli eventi in Siria. E così sembra essere al momento.

Sin dalla sua formazione come Stato nazionale, il Libano ha visto il suo destino politico indissolubilmente legarsi a quello della vicina Siria, che per decenni ha continuato a considerarlo come una sua naturale propaggine, un territorio spettante di diritto alla “Grande Siria” (così come era durante l’epoca ottomana), toltole solo per via della spartizione anglo-francese su quelle terre. Fino al 2005 Damasco ha di fatto occupato militarmente porzioni del Libano, influendo in maniera decisiva sulle sorti politiche di Beirut, fino all’attentato a Rafiq Hariri, che ha comportato un aumento della pressione internazionale sul regime di Assad, affinché si disimpegnasse dal Libano e ne riconoscesse la piena sovranità. Ufficialmente così è stato, ma la Siria ha di fatto mantenuto una notevole capacità di modificare gli equilibri interni libanesi a suo piacimento, al punto che il confronto politico interno in Libano si è polarizzato sulle due posizioni pro-Siria e anti-Siria.

C’era dunque da aspettarselo che, in un modo o nell’altro, la crisi in cui sta sprofondando il regime di Damasco potesse sconfinare e coinvolgere il teatro libanese, in cui più di una volta si sono sfogate tensioni esterne al Paese. Dopo gli scontri di Tripoli (da sempre epicentro della radicalizzazione di crisi politiche che tendono a sfociare in scontri armati), si è giunti anche ai primi combattimenti per strada a Beirut, apparentemente tra fazioni che appoggiano Assad e gruppi che ne contrastano l’influenza. Allo stesso tempo, uomini armati in Siria hanno ricorso al rapimento di una dozzina di pellegrini sciiti libanesi di rientro dall’Iran. Questi episodi contribuiscono ad acuire le tensioni interne allo stesso Libano e, se perpetrati, potrebbero comportare conseguenze più gravi e non rimanere semplici episodi isolati. Il rischio è che il Libano possa fungere ancora una volta come valvola di sfogo di tensioni che non gli appartengono del tutto. Potrebbe trattarsi dell’ennesima mossa del regime siriano per tentare di scongiurare la sua caduta. Un problema che va ad aggiungersi alla già ingarbugliata questione siriana.  

di Stefano Maria Torelli

About the author

Zouhir Louassini

Zouhir Louassini. Giornalista Rai e editorialista L'Osservatore Romano. Dottore di ricerca in Studi Semitici (Università di Granada, Spagna). Visiting professor in varie università italiane e straniere. Ha collaborato con diversi quotidiani arabi tra cui al-Hayat, Lakome e al-Alam. Ha pubblicato vari articoli sul mondo arabo in giornali e riviste spagnole (El Pais, Ideas-Afkar). Ha pubblicato Qatl al-Arabi (Uccidere l’arabo) e Fi Ahdhan Condoleezza wa bidun khassaer fi al Arwah ("En brazos de Condoleezza pero sin bajas"), entrambi scritti in arabo e tradotti in spagnolo.

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