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EAU: “l’ombra del mare” del regista Nawaf Al Janahi al festival del film di Orano

seashadow-200x200El Watan (01/10/2013). Nawaf Al Janahi è il cineasta emiratino più conosciuto sulla scena internazionale. Si trova a Orano per accompagnare il suo secondo lungometraggio, Dhilou al bahr (L’ombra del mare), in gara al Festival del film arabo di Orano. (FOFA).

In questo film non ci sono grattacieli né grandi strade. Dubai e le sue luci sono lontani.La storia si svolge in un quartiere povero di Ras Al Khaïma, situato in bordo al mare. Mansour (Omar El Malla) e Sultan (El Hamad Abrar, attore iraqeno), due adolescenti, tentano di scoprire l’amore. L’amore?: “Ti si congela tutto, tranne il cuore”, dice Sultan. Il cuore di Mansour è diviso tra Khaltam (Nevine Madhi, attrice siriana), orfana, e Oweisha (Mériem Hussien, attrice iraqena),una seduttrice che sogna giorni in cui la vita sarà in rosa, cullata dalle canzoni di Abdelmadjid Abdullah. Come risolvere la situazione? Mansour è indeciso ma sembra preferire Oweisha e le offre un profumo. Questo è quanto emerge in superficie.

Scavndo viene fuori però che Khaltam vive un dramma interiore con un padre disperato dopo la perdita della moglie. Un padre freddo. Il padre malmenato è una tematica ricorrente del cinema arabo in questi ultimi anni. E’ questo forse un modo per contestarne l’autorità.  In questo film, il giovane Nawaf Al Janahi tenta di calibrare la trama attraverso la figura del padre di Mansour, uomo gioviale, che ha instaurato una certa complicità con il figlio ma che è disabile.

Nel quartiere c’è la rivalità tra ragazzini e c’è il vizio che sembra esser incarnato dal parrucchiere pedofilo, impressione appena suggerita. Il mare turchese funge da finestra sul mondo, ricorda l’esistenza di altri orizzonti. Mansour ci va quando viene assalito dalla melanconia e dai dubbi. Quindi non c’è solo l’universo chiuso delle tradizioni, degli amori repressi e dei desideri spenti.

Ma dov’è finita l’ombra di questo mare? Ma poi il mare ha un’ombra? La forza del film di Nawaf Al Janahi sta nella sceneggiatura ben scritta da Mohammed Hassan Ahmed, nelle inquadrature e nella recitazione naturale degli attori. C’è anche il coraggio di un cineasta che osa affrontare i disagi di una società il cui ingresso nella modernità, malgrado l’immagine esterna che dà di progresso, rimane lento. Il dramma sociale viene trattato in modo egregio attraverso lo sguardo di due giovani che credono nella possibilità di un amore tenuto in ostaggio dal peso del divieto e dell’ipocrisia. Da cui l’idea di un conflitto tra due generazioni. Il mare è lì per simboleggiare il passaggio verso l’esterno: l’evasione o la liberazione. In breve, “l’ombra del mare” è un invito a cercare altri spazi, altri modi di vita.