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La storia del musulmano in Kenya che salvò dei cristiani

Questa è una storia semplice, una storia di coraggio e soprattutto di umanità, quell’umanità che oggi troppe volte è sacrificata in virtù di nuovi idoli. Di storie come questa ne è pieno il mondo e diffonderla è un dovere, soprattutto per l’attualità che stiamo vivendo, densa solo di divisioni, di guerre (pseudo-religiose) e di islamofobia.

Salah Farah era un insegnante keniota musulmano, morto in una sala operatoria per le ferite riportate, circa un mese dopo essere stato vittima di un attentato nel Nord-Est del Paese. Il 20 dicembre scorso, un autobus che trasportava 60 passeggeri e che viaggiava da Nairobi a Mandera, fu costretto a fermarsi da alcuni uomini armati. L’attacco sarà poi rivendicato dal gruppo jihadista di Al-Shabab.

Alla loro richiesta di separare i musulmani dai cristiani, i passeggeri musulmani si erano rifiutati di farlo, sapendo bene che il rischio che correvano era altissimo. Precedenti attacchi in Somalia insegnavano infatti che i militanti di al-Shabab avevano diviso i cristiani dai musulmani per poi uccidere i primi e risparmiare i secondi. Ciononostante i passeggeri sono rimasti uniti, affrontando con coraggio quegli uomini armati: le donne musulmane si erano subito affrettate ad offrire dei copricapo alle donne cristiane in modo da potersi confondere e per difendersi in qualche modo da quei militanti che li avevano costretti a scendere dal bus, nel villaggio di Al-Wak vicino al confine somalo.

“Gli abbiamo chiesto di ucciderci tutti o di lasciarci andare”, ha raccontato Salah Farah al Daily Nation. “Appena abbiamo parlato, hanno sparato a un ragazzo e a me”, ha continuato. Salah credeva fermamente nella convivenza pacifica tra cristiani e musulmani e ne ha avuto conferma quando, al suo rifiuto di dividersi dai passeggeri cristiani, gli altri musulmani sul bus lo hanno seguito e appoggiato.

Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, gli ha conferito un riconoscimento ufficiale per il suo atto di coraggio due giorni fa.

È morto in silenzio lo scorso 16 gennaio quest’uomo coraggioso, simbolo di quella fratellanza fondante sia del Cristianesimo che dell’Islam. Non c’è solo Daesh, dunque.

 

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