Prima del 1991, centinaia di curdi sono stati imprigionati nella Red House con l’accusa di “sovversione”: tra loro c’era anche l’attuale governatore della provincia di Sulaimaniyah. L’edificio è stato costruito in sei anni da ingegneri dell’ex-Germania dell’Est. A ricordarlo è il direttore del museo Ali Gharib: “Non era una prigione vera e propria: era un centro per gli interrogatori. I detenuti restavano qui per sei-otto mesi e poi venivano trasferiti ad Abu Ghraib o a Baghdad”. Chi visita l’edificio attraversa stanze con la consapevolezza che in ognuna di esse avveniva un tipo di tortura diverso. La rivolta del marzo 1991 pose fine alle attività della Red House, ma i ricordi restano vividi ancora oggi e la pratica di estorcere confessioni continua a piagare l’Iraq.