Il riferimento è al movimento che fa capo a Abu ‘Ayyad, il cui vero nome è Sayfallah Ben Omar Ben Hassine – ex detenuto dal precedente regime tunisino con l’accusa di terrorismo e liberato dopo la caduta di Ben ‘Ali – e che prende il nome di Ansar al-Shari‘a fi Tunis (Sostenitori della Shari‘a in Tunisia). Si tratta di un’organizzazione che agisce sul territorio tunisino, anche tramite azioni sociali quali la donazione di beni di prima necessità alle persone colpite dalle alluvioni, ma anche con manifestazioni nella capitale Tunisi e nei centri culturali come moschee e università, con slogan che inneggiano all’applicazione della legge islamica. A ben guardare, però, tale movimento può essere definito “radicale” – se non “jihadista” – piuttosto che salafita nell’accezione originaria del termine.
Cosa rappresenta, dunque, il nuovo partito al-Islah, rispetto ad al-Nahda da un lato e, dall’altro, ad Ansar al-Shari‘a? Lo stesso nome Islah è il termine con cui viene definita la stagione del riformismo islamico a cavallo tra ‘800 e ‘900 e che, a tutt’oggi, può essere designato come il vero e originario movimento salafita in seno all’Islam. La stessa scelta di entrare in politica da parte di al-Islah potrebbe significare una parziale presa di distanza rispetto ai gruppi più radicali, i quali appaiono più anti-sistemici. Quello che si prefigura in Tunisia potrebbe quindi essere un confronto interno all’Islam politico con tre attori: uno che rappresenta la parte apparentemente più moderata e istituzionale (al-Nahda); una sua controparte di stampo salafita (al-Islah) e, infine, un movimento radicale che agisce al di fuori delle istituzioni, le cui caratteristiche non sembrano ancora essere del tutto chiare.
Stefano Maria Torelli