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Marocco: La democrazia e il ruolo dell’islam politico

Articolo di Zouhir Louassini. IEMED (European Institute of the Mediterranean) per leggere la versione inglese clicca qui

 
E’ la solita storia del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. In Marocco qualcosa sta cambiando e in positivo. Parlare d’una vera democrazia, però, sarebbe esagerato o non  avere le idee chiare su cosa significa questo concetto. Voci che esaltano l’esperienza marocchina non mancano e nemmeno quelli che credono che tutto, in questo paese nord africano, si riduca ad una manovra che ha come obiettivo conservare il potere nelle solite mani, quelle di sempre, quelle del Re.

Probabilmente la crescita economica ha favorito la diffusione di un certo ottimismo sul futuro del paese. La fase di trasformazione che stanno vivendo le strutture sociali hanno permesso dibattiti impensabili pochi anni fa. La libertà d’espressione inizia a diventare una realtà. La monarchia sembra aver capito che bisogna cambiare metodo. La lezione tunisina ed egiziana sono state un esempio pratico che ha chiarito le idee a più di qualcuno. L’apertura del Re in questo senso ha un valore più simbolico che reale. La nuova costituzione, con le timide riforme che ha comportato, è indice, comunque, di una volontà di cambiamento. Tutti fattori che hanno evitato al Marocco l’instabilità di cui soffrono altri paesi toccati dalla “primavera araba”. La pressione da parte dell’opinione pubblica attraverso alcuni  movimenti di protesta, come quello del 20 febbraio per esempio, è stata un elemento positivo da questo punto di vista. Ha spinto verso il rinnovamento e questo è già in sé un merito.

Elezioni libere e “pulite” per la prima volta nella storia del paese hanno portato il partito islamista moderato di Giustizia e Sviluppo al potere. La vera notizia però, è stata la poca partecipazione. E’ ovvia la mancanza di fiducia nel gioco politico e recuperare la fede nella politica è la vera sfida dei marocchini. Tuttavia, governo e opposizione hanno poco tempo per convincere la popolazione dei cambiamenti messi in moto. Pensare che il Marocco sia fuori pericolo è l’errore più grave che la classe politica possa commettere.

 I primi giorni del governo Benkiran sono stati efficaci. Il linguaggio “colorito”, chiaro e molte volte demagogico della leadership islamista ha dato buoni risultati. E la conseguenza dei provvedimenti presi subito dopo il suo arrivo al potere è stata una immediata riduzione della tensione sociale. E’ apparso chiaro che il Partito di Giustizia e Sviluppo (PJD), di tendenza islamista, ha imparato subito a fare più politica e meno religione, una scelta che ha aiutato a dargli un’immagine più vicina alla gente, sul modello dei “fratelli turchi” di Erdogan e non dei Fratelli musulmani, quelli storici.

 Il capo del governo ha capito anche che in Marocco si governa solo con la benedizione del Re. E, finora, tutte le mosse di Benkirane sono servite a far capire ancora meglio, in caso non fosse risultato abbastanza chiaro dal testo della nuova costituzione, che il vero potere in questo paese maghrebino rimane ancora tra le mura del Palazzo reale. Trovare l’equilibrio giusto, da parte del Re e del governo, può servire per passare questa fase transitoria con successo, e arrivare poi alla costruzione d’una vera democrazia. Per il momento ci sono molti elementi che fanno ben sperare.  L’unico dubbio che ancora rimane è quello di capire se le mosse del partito islamista al potere rispondano ad una vera convinzione democratica o se siano solo è una mera strategia per arrivare alla “conversione” della società verso un’ideologia di chiusura.

 Tutto indica comunque che il Marocco è in un momento cruciale della sua storia. E’ paradossale il fatto che il successo del Pjd è vitale se si vuole evitare di scivolare verso un islam ancora più radicale. Il gruppo di Giustizia e Carità sta sperando, in attesa. Per il momento è l’unica alternativa ben organizzata e si presenta come l’unico movimento che non vuole accettare le regole del gioco dettate dalla monarchia. I partiti storici, come al-Istiqlal nel governo o L’unione Socialista nell’opposizione, hanno perso gran parte della loro forza e non riescono più a convincere la popolazione.

La monarchia si è mossa molto bene e con intelligenza, fino ad adesso. Il binomio Palazzo-Pjd ha salvato il Marocco da esiti pericolosi. Creare il clima giusto per attivare i meccanismi che permettono di andare verso una monarchia parlamentare potrebbe essere la via più sicura per mantenere la stabilità. Per questo bisogna lasciare da parte tatticismi e strategie che abbiano come unico obbiettivo conservare il potere, e andare con coraggio verso un sistema che avvicini il Marocco, pur conservando la propria identità, al suo entourage europeo. La democrazia ha delle regole. Esempi di monarchie parlamentari validi ce ne sono. Considerare il popolo già maturo per compiere questo passo potrebbe essere il modo corretto per avviare una democrazia duratura. Le riforme che il Marocco ha conosciuto quest’anno sono un buon passo in avanti ma il percorso è appena cominciato.

 

 

About the author

Zouhir Louassini

Zouhir Louassini. Giornalista Rai e editorialista L'Osservatore Romano. Dottore di ricerca in Studi Semitici (Università di Granada, Spagna). Visiting professor in varie università italiane e straniere. Ha collaborato con diversi quotidiani arabi tra cui al-Hayat, Lakome e al-Alam. Ha pubblicato vari articoli sul mondo arabo in giornali e riviste spagnole (El Pais, Ideas-Afkar). Ha pubblicato Qatl al-Arabi (Uccidere l’arabo) e Fi Ahdhan Condoleezza wa bidun khassaer fi al Arwah ("En brazos de Condoleezza pero sin bajas"), entrambi scritti in arabo e tradotti in spagnolo.

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