Lo studio nota che dopo l’assassinio di Belaid l’incitamento a scagliarsi contro i giornalisti critici del partito Ennahda è giunto da diversi fronti, e sono state organizzate dal governo manifestazioni che hanno spesso intonato slogan contro i giornalisti. La preoccupazione dei giornalisti circa le montanti restrizioni e censure in Tunisia mette in luce il rifiuto del governo di adottare due leggi che proteggerebbero la libertà di stampa. Si tratta dei decreti 115 e 116: il primo è legato alla libertà di stampa e pubblicazione, vieta restrizioni sul diffondere informazioni e tutela le fonti dei giornalisti; il secondo prevede la creazione di un’autorità indipendente che garantisca la libertà della comunicazione audiovisiva e ha a che fare con le licenze di radio e tv.
Entrambi i decreti avrebbero dovuto essere attuati dal governo nel novembre del 2012, ma ciò non è ancora avvenuto. Secondo Neji Bghouri, un tempo a capo del sindacato dei giornalisti, dopo la rivoluzione tunisina si è aperto uno spazio per la libertà d’espressione, ma che ora i media sono monitorati da vicino da parte del governo. Oltre agli incitamenti di alcuni esponenti di Ennahda ad attaccare i giornalisti, ha detto Bghouri, ci sono anche alcuni gruppi religiosi che usano le riunioni per lo stesso scopo. Questo potrebbe portare a “un futuro spaventoso per i giornalisti, nel quale non sanno più cosa li aspetta”.