Tunisia Live (07/03/2013). Attacchi ai giornalisti e alla libertà di stampa, comprese minacce di morte e interruzione di trasmissioni radiofoniche, hanno subìto una preoccupante escalation nel mese di febbraio, in seguito all’uccisione del leader dell’opposizione Chokri Belaid. Lo rivela un report dell’unità di monitoraggio del Tunis Center for Press Freedom. Il report cita 31 attacchi contro 52 persone che lavorano nel settore dei media, suddivise tra cinque emittenti televisive, sette stazioni radiofoniche e cinque giornali. Al bilancio vanno aggiunti 35 membri dei media rimasti feriti quando le forze di sicurezza hanno attaccato 13 manifestazioni. L’interruzione di trasmissioni radiofoniche è un nuovo tipo di violazione per la quale il report accusa il National Bureau of Broadcasting Corporation.
Lo studio nota che dopo l’assassinio di Belaid l’incitamento a scagliarsi contro i giornalisti critici del partito Ennahda è giunto da diversi fronti, e sono state organizzate dal governo manifestazioni che hanno spesso intonato slogan contro i giornalisti. La preoccupazione dei giornalisti circa le montanti restrizioni e censure in Tunisia mette in luce il rifiuto del governo di adottare due leggi che proteggerebbero la libertà di stampa. Si tratta dei decreti 115 e 116: il primo è legato alla libertà di stampa e pubblicazione, vieta restrizioni sul diffondere informazioni e tutela le fonti dei giornalisti; il secondo prevede la creazione di un’autorità indipendente che garantisca la libertà della comunicazione audiovisiva e ha a che fare con le licenze di radio e tv.
Entrambi i decreti avrebbero dovuto essere attuati dal governo nel novembre del 2012, ma ciò non è ancora avvenuto. Secondo Neji Bghouri, un tempo a capo del sindacato dei giornalisti, dopo la rivoluzione tunisina si è aperto uno spazio per la libertà d’espressione, ma che ora i media sono monitorati da vicino da parte del governo. Oltre agli incitamenti di alcuni esponenti di Ennahda ad attaccare i giornalisti, ha detto Bghouri, ci sono anche alcuni gruppi religiosi che usano le riunioni per lo stesso scopo. Questo potrebbe portare a “un futuro spaventoso per i giornalisti, nel quale non sanno più cosa li aspetta”.