Di Abdul Latif. Hespress (10/02/2015). Traduzione e sintesi di Lorenzo P. Salvati.
Secondo l’istituto di ricerca belga, il flusso di armi europee non è stato minimamente rallentato dagli eventi delle primavere arabe. Il pragmatismo delle politiche economiche di Bruxelles ha fatto sì che il trasferimento di strumenti militari proseguisse a ritmo sostenuto, attenendosi scrupolosamente alle direttive del codice di condotta UE per il commercio di armi che non prevede particolari controlli e limitazioni.
Il rapporto sottolinea che “malgrado l’aumento dei fattori di instabilità, le violazioni accertate dei diritti umani, lo scoppio di conflitti armati e guerre civili, l’export di armi vero i Paesi a rischio è raddoppiato tra il 2007 e il 2012”. Questa crescita è collegata all’aumento delle spese militari degli Stati di Medio Oriente e Nord Africa, che hanno creato un mercato particolarmente florido per le industrie di difesa europee in piena stagnazione economica.
Il rapporto sottolinea come le industrie militari delle nazioni UE, sostenute direttamente dai governi nazionali e dalla Commissione Europea, dipendano interamente dalle esportazioni verso i Paesi extraeuropei. La crisi economica e le politiche di austerity hanno avuto un impatto negativo sulle economie dell’eurozona e hanno causato una contrazione del budget militare complessivo del 20% tra il 2001 e il 2010.
Lo studio conclude che lo scarso peso rivestito dall’Europa nelle crisi politiche arabe e la mancanza di severe regolamentazioni comunitarie sull’export di armi concorrono a minare la credibilità della politica estera e di sicurezza dell’Unione. Senza contare che, attraverso controlli poco rigorosi e l’assenza di misure idonee di trasparenza, i paesi esportatori si rendono complici diretti delle violazioni dei diritti umani.
Abdul Latif è un giornalista free-lance residente in Belgio che scrive per Hespress.