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Perché gli europei odiano gli arabi?

bruxelles media europei

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L’opinione di al-Quds. Al-Quds al-arabi (24/03/2016). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo.

Uno studio recente effettuato dal Centro per l’analisi dei social media del think-thank britannico Demos, ha analizzato cosa accade a livello virtuale dopo i grandi eventi che colpiscono il mondo e cosa spinge gli esseri umani a commentare o a inviare foto, video e opinioni di condanna o sostegno. Analizzando il mondo digitale nei giorni immediatamente successivi agli attacchi di Bruxelles, il Centro ha osservato la pubblicazione di 10 milioni di tweet che parlavano di tristezza, dolore, unità e conforto. Il Centro ha anche rilevato la presenza di una percentuale di commenti negativi diretti, più che ai terroristi, all’Islam, considerato la vera causa dei recenti avvenimenti. Questi commenti sono riuniti sotto l’hashtag #StopIslam.

Secondo il parere del Centro, gli attacchi a Bruxelles e a Parigi hanno dato vita a manifestazioni di affetto maggiori rispetto ad attacchi che hanno prodotto più vittime in altre parti del mondo come Turchia, Iraq e Siria. Il Centro si è chiesto, quindi, il perché di questa differenza. Nel tentativo di rispondere a questa domanda, si è fatto riferimento alla solidarietà che le persone provano verso ciò che le riguarda, partendo dalla proprio famiglia, il paese, la città fino alle nazioni e ai popoli vicini. Con questa risposta il Centro mostra di non capire realmente, secondo noi, cosa accade nella regione araba, che negli ultimi secoli ha subito conflitti senza fine con l’Occidente, con i suoi continui interventi violenti nei nostri paesi e il sostegno all’occupazione israeliana e ai sistemi tirannici, corrotti e oppressori.

Ciò che aumenta l’amarezza è, soprattutto, che il controllo occidentale sull’economia, la politica e i mezzi di soft power, come l’informazione, il cinema e il teatro, esercita una forte pressione sulla società. Queste forme di tirannia continuano a ripetere che gli arabi e i musulmani “odiano la nostra civiltà” e che le loro azioni derivano dalla loro stessa cultura. Non c’è via d’uscita per loro né in questo mondo né in un altro e non possono fare altro che restare deboli e vittime e sopportare il peso di tutto quello che gli sta accadendo. La missione di questo tipo di pressione è assicurare alle vittime che loro sono i criminali, i responsabili di quello che gli sta accadendo e che ogni tentativo di porre fine a questo circolo vizioso non ha spazio.

Nell’espressiva immagine pubblicata da Al-Quds Al-Arabi nella prima pagina del 23 marzo, dei bambini arabi bloccati al confine con la Macedonia alzano dei cartelli in cui condannano gli attacchi terroristici di Bruxelles chiedendo, allo stesso tempo, all’Occidente che ha deciso di dimenticarli di simpatizzare con loro. Quest’immagine, nella tenera forma di un bambino che solidarizza con le vittime del continente che gli sbarra i confini, è un simbolo: il rifugiato con la casa distrutta consola il proprietario della casa di lusso, il povero conforta il ricco, il debole simpatizza con il potente. Al contrario, gli intellettuali arabi chiedono sui social media di organizzare una grande manifestazione nei paesi musulmani per condannare gli attentati suicidi in nome dell’islam e questo è un pensiero culturale malato. Immaginate dei popoli per lo più sotto i bombardamenti, la tirannia e la povertà a cui uno di loro chiede di organizzare una marcia di solidarietà per Parigi mentre loro non possono trovare un luogo che li ospiti o del cibo che li alimenti o qualcuno che solidarizzi con loro.

A nostra volta noi facciamo una semplice domanda: cosa sarebbe successo se, per una sola volta, il mondo si fosse alzato contro la strage israeliana contro i palestinesi? Sarebbero diminuiti l’occupazione, l’ingiustizia e l’oppressione razziale? La risposta è nella domanda stessa.

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