Dopo essersi schierato a fianco dei manifestanti nel corso della protesta popolare contro Saleh, Zindani sembrava essere in parte scomparso dalla scena politica yemenita nella fase più delicata della sua transizione. Negli ultimi due mesi, tuttavia, lo Shaykh è tornato a far parlare di se, rilasciando una serie di interviste e pubblicando una fatwa in marzo con la quale ha sancito la legittimità del Jihad in Siria ed invitando i giovani yemeniti ad andare a combattere contro Assad. Legittimità di cui, secondo le ultime parole di Zindani, non godrebbe il Jihad dei qaedisti yemeniti, le cui azioni sono state etichettate dallo Shaykh come inaccettabili. Zindani si è spinto ad ogni modo anche oltre, e dopo aver dato la sua benedizione al nuovo Presidente Abd Rabbu Mansour Hadi ha chiesto a quest’ultimo di interrompere l’offensiva militare nel sud del Paese ed avviare u dialogo con i militanti per trovare una soluzione onnicomprensiva alla crisi yemenita mediante la forma del Dialogo Nazionale. Una posizione che quindi suggerisce come Zindani abbia definitivamente optato per la strada della totale inclusione politica, nella consapevolezza che l’Islah, nel prossimo futuro, potrebbe essere il nuovo ago della bilancia del panorama politico yemenita. Dopo aver alternato per più di un decennio il ruolo di alleato di governo nella coalizione di Saleh e membro dell’opposizione, per l’Islah arriverà quanto prima la necessità di scegliere da che parte stare. Probabilmente non sarà Zindani a deciderne la forma, ma i tempi stanno diventando maturi anche nello Yemen per una ridefinizione del campo islamista.
Ludovico Carlino