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Lo Shaykh Zindani chiede al Presidente yemenita di dialogare con al-Qaeda

È da sempre una delle figure più controverse della politica e dell’establishment religioso yemenita, e probabilmente per certi aspetti lo Shaykh Abd al-Majid al-Zindani ricalca le molteplici contraddizioni esistenti nel Paese arabo. Punto di riferimento dei salafiti dell’Islah, il partito islamista yemenita fondato dopo l’unificazione del Paese nel 1994 dall’eminente shaykh della confederazione tribale degli Hashid, Abdullah bin Hussein al-Ahmar, il nome di Zindani rimane ancora legato alla lista degli “specially designated global terrorist” statunitense nella quale venne inserito nel 2004. Tale decisione risponde al fatto che al-Zindani è accusato di aver mantenuto stretti legami con Osama Bin Laden, oltre ad aver fatto dell’Imam University di Sana’a un centro di radicalismo e reclutamento per aspiranti militanti jihadisti. Nonostante le forti pressioni provenienti da Washington, il governo yemenita ha sempre continuato a proteggere Zindani, mantenendo una politica dal duplice volto nei confronti degli islamisti più radicali avviata a fasi alterne nei primi anni novanta, quando gli Jihadisti servirono ad Ali Abdullah Saleh per contrastare i comunisti del sud.

Dopo essersi schierato a fianco dei manifestanti nel corso della protesta popolare contro Saleh, Zindani sembrava essere in parte scomparso dalla scena politica yemenita nella fase più delicata della sua transizione. Negli ultimi due mesi, tuttavia, lo Shaykh è tornato a far parlare di se, rilasciando una serie di interviste e pubblicando una fatwa in marzo con la quale ha sancito la legittimità del Jihad in Siria ed invitando i giovani yemeniti ad andare a combattere contro Assad. Legittimità di cui, secondo le ultime parole di Zindani, non godrebbe il Jihad dei qaedisti yemeniti, le cui azioni sono state etichettate dallo Shaykh come inaccettabili. Zindani si è spinto ad ogni modo anche oltre, e dopo aver dato la sua benedizione al nuovo Presidente Abd Rabbu Mansour Hadi ha chiesto a quest’ultimo di interrompere l’offensiva militare nel sud del Paese ed avviare u dialogo con i militanti per trovare una soluzione onnicomprensiva alla crisi yemenita mediante la forma del Dialogo Nazionale. Una posizione che quindi suggerisce come Zindani abbia definitivamente optato per la strada della totale inclusione politica, nella consapevolezza che l’Islah, nel prossimo futuro, potrebbe essere il nuovo ago della bilancia del panorama politico yemenita. Dopo aver alternato per più di un decennio il ruolo di alleato di governo nella coalizione di Saleh e membro dell’opposizione, per l’Islah arriverà quanto prima la necessità di scegliere da che parte stare. Probabilmente non sarà Zindani a deciderne la forma, ma i tempi stanno diventando maturi anche nello Yemen per una ridefinizione del campo islamista.  

Ludovico Carlino

About the author

Zouhir Louassini

Zouhir Louassini. Giornalista Rai e editorialista L'Osservatore Romano. Dottore di ricerca in Studi Semitici (Università di Granada, Spagna). Visiting professor in varie università italiane e straniere. Ha collaborato con diversi quotidiani arabi tra cui al-Hayat, Lakome e al-Alam. Ha pubblicato vari articoli sul mondo arabo in giornali e riviste spagnole (El Pais, Ideas-Afkar). Ha pubblicato Qatl al-Arabi (Uccidere l’arabo) e Fi Ahdhan Condoleezza wa bidun khassaer fi al Arwah ("En brazos de Condoleezza pero sin bajas"), entrambi scritti in arabo e tradotti in spagnolo.

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