Intervista di Katia Cerratti
Per i drusi libanesi è l’autorità massima religiosa. Verso di lui un rispetto e una sorta di venerazione che va oltre ogni immaginazione. E così anche un’intervista può risultare difficile. Ma non impossibile. Lo sheykh Naim Hassan ha accettato di parlare e cercare, in qualche modo, di dare agli occidentali risposte per meglio conoscere il mondo esoterico-religioso dei drusi. Minoranza
In un Medio Oriente troppo spesso teatro di rivalità religiose e interessi politici variegati, i drusi si sentono a loro agio?
Non c’è il rischio che un piccolo popolo come voi, che non raggiunge i due milioni in tutto il mondo, possa perdere la propria identità?
“Assolutamente no. Difendiamo quello che siamo, le nostre tradizioni, la nostra fede, le nostre idee. Ovunque siamo, e mi riferisco soprattutto ai principali Paesi quali Libano, Siria, Israele e Palestina, viviamo in pace e ci siamo integrati senza mai perdere le nostre origini. Nessun rischio perché la fede e le nostre tradizioni guidano la nostra esistenza”.
Si riferisce anche ai matrimoni che avvengono quasi esclusivamente tra drusi?
“Certo. E’ la nostra forza e la nostra tradizione”.
Ma cosa pensa dei matrimoni misti che avvengono in Occidente?
“Noi crediamo fermamente nei matrimoni esclusivamente tra drusi ma, al tempo stesso, crediamo che ognuno scelga liberamente cosa fare. Queste cose non si possono imporre. Ognuno fa quello che crede”.
A rigor di obiettività, è necessario ricordare che un maschio druso che sposa una donna di un’altra religione, in alcuni casi può essere
E’ possibile pensare a un Medio Oriente fatto di pace e di convivenze senza guerre e violenze?
“Questa domanda non la deve fare a me. La faccia all’Onu che non è riuscita a risolvere la questione palestinese. A distanza di 70 anni la situazione rimane critica e nulla di buono si affaccia all’orizzonte”.
Quale messaggio vuole inviare al mondo per un Medio Oriente di pace?
“Un messaggio all’Onu affinchè sia più giusta, più attenta ai diritti e alle rivendicazioni dei popoli che soffrono. Come nel caso dei palestinesi”.