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Libia: deriva mafiosa

El Watan (12/10/2012). A un anno dalla caduta del colonnello Muammar Gheddafi, la destituzione del primo ministro Mustafa Abou Chagour dopo un tentativo fallimentare di avvicinare liberali e correnti dell’islam politico getta un’ombra di incertezza sul futuro della Libia, dove la città di Bani Walid, l’unica rimasta fedele a Gheddafi, è ancora sotto l’assedio dalle milizie combattenti, ormai alle dipendenze del Ministero della Difesa. L’urgenza di formare un governo in grado di garantire stabilità è resa ancora più cogente dal rischio permanente rappresentato dai fondamentalisti islamici e dai gruppi armati, che hanno rifiutato di riconsegnare le armi dopo la fine del conflitto e ora gravitano nell’orbita della criminalità locale. A denunciare questa deriva mafiosa delle milizie alla televisione libica è stato Juma al-Gamaty, attivista di Tripoli, che a conferma della sua tesi può addurre nientemeno che il suo rapimento da parte di un gruppo armato, avvenuto poco dopo l’intervista in questione e conclusosi in poche ore con un rilascio. Lieto fine a parte, si è trattato di un avvertimento nei confronti di chiunque intenda ostacolare il “business dei rapimenti”, un settore in espansione in un paese devastato dalla guerra.

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