Articolo di Luca Pavone
E’ vero c’è il coprifuoco, ma la vita scorre normale retta da quello che può sembrare all’inizio un incomprensibile equilibrio fatto di caos e anarchia: i mercati sono affollati, nei caffè si scherza ma si discute anche di politica, il traffico è infernale come sempre, ma non c’è nervosismo, non c’è aggressività, c’è piuttosto un desiderio di normalità. Gli sguardi nei miei confronti non sono mai ostili o sospettosi, così come all’aeroporto nessuna domanda, niente di niente.
Piazza Ramses, snodo vitale della capitale, porta ancora i segni dei combattimenti: fa un certo effetto vedere l’enorme minareto della moschea El Fath trivellato di colpi.
Lungo la via che dal centro della città porta a Nasr City (quartiere a nord-est dov’è situata la moschea di Rabaa El Adaweya) i muri sono tappezzati per almeno 2 chilometri di rabbiose scritte contro il generale El Sisi mentre più ci si avvicina più si notano i marciapiedi divelti (le mattonelle venivano ammassate dai manifestanti in attesa dell’attacco della polizia contro il sit-in).
L’impressione è che il periodo di transizione iniziato con la caduta di Mubarak non si sia mai concluso e che il paese si trovi ancora nel pieno di un delicatissimo processo verso una futura stabilità, nel frattempo però la vita va avanti e basta un minimo di accortezza per continuare a godersi la magia di questa città, nella speranza che l’Egitto torni presto a splendere nuovamente.