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La Tunisia e la democrazia “emozionale”

Tunisia

Di Ibrahim Bin Mourad. Al-Arab (20/04/2017). Traduzione e sintesi di Laura Cassata.

In questi giorni la Tunisia è stata testimone di proteste e sit-in nel disordine che caratterizza il Paese dopo gli eventi del 2011. Le ragioni di queste proteste sono molteplici, ma possono essere riassunte nella richiesta di un cambiamento della situazione sociale, specialmente nelle zone interne e meridionali. La disparità tra le zone rurali e quelle urbane è stata la caratteristica dominante della politica sociale tunisina per circa mezzo secolo dopo l’indipendenza. Se le regioni costiere sono state oggetto di importanti progetti per lo sviluppo, le zone interne sono rimaste arretrate a causa di uno scarso interesse da parte delle autorità.

Nel 2011 la gente ha creduto possibile un cambiamento: ha sperato che dalla politica delle disparità si potesse passare a una fase in cui gli esclusi avrebbero avuto ciò che avevano perso. I politici avevano annunciato la transizione dalla dittatura alla democrazia e alla giustizia sociale. La giustizia sociale, però, non si realizza in assenza di una democrazia “razionale”. Essa rappresenta un atteggiamento politico e sociale, secondo il quale tutti si impegnano nell’applicazione delle leggi, e si oppone a quella che chiameremo democrazia “emozionale”.

Quest’ultima è una democrazia irreale, inventata, che si piega ai capricci dei governanti e dei cittadini e che ha prodotto numerosi fenomeni. Ne abbiamo identificati tre che hanno avuto un influente impatto negativo:

A queste condizioni, alla luce di questa democrazia emozionale che realizza gli interessi dei partiti e dei suoi affiliati senza prima raggiungere la giustizia sociale, non sarà possibile per la Tunisia uscire dalla crisi che affligge il Paese.

Ibrahim Bin Mourad è un professore e accademico tunisino.

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