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Hezbollah e le sue sfumature

Di Hanin Ghaddar. Now Lebanon (14/10/2013). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.

Nei giorni scorsi hanno fatto notizia due video pubblicati su YouTube, due prospettive contraddittorie ma ugualmente vere sul coinvolgimento di Hezbollah in Siria.

Il primo mostra Mahdi Yaghi, un combattente di Baalbak, mentre recita le ultime volontà. In seguito alla sua uccisione Hezbollah ha diffuso il video, che è subito impazzato sui social. Anche la tv Al-Manar ha ripreso la storia, trasformando il giovane in un eroe della resistenza.

Con questo video, Hezbollah ha messo a segno un successo: ha umanizzato la lotta in Siria e reso il “martire” un esempio da imitare. Spontaneo e sincero, Mahdi credeva davvero nella battaglia divina per difendere la fede sciita. Dalle sue parole traspare una fede autentica, nessuna retorica.

Ma la guerra è guerra e l’innocenza di Mahdi è solo una faccia della verità. C’è infatti un secondo video che mostra alcuni combattenti di Hezbollah, con gli inconfondibili nastri gialli sulle spalle e l’accento libanese, nell’atto di trascinare fuori da un furgone dei civili siriani già gravemente feriti e poi sparargli a bruciapelo.

Che differenza c’è, allora, tra i militanti dell’ISIS e quelli di Hezbollah? I primi usano le spade e i secondi i fucili, ma la brutalità e la dimensione religiosa alla base di questa follia sono esattamente le stesse. In nome della religione, entrambi i gruppi si comportano in modo disumano, uccidendo e torturando degli innocenti.

Nasrallah parla di impegno morale alla resistenza, del dovere di difendere i deboli dalle ingiustizie e dell’immoralità dell’uccidere feriti e prigionieri di guerra. Molti credono in lui: è per questo che il giovane Mahdi è andato a morire in Siria.

Hezbollah è abile nel nascondere la sua brutalità grazie alla macchina della propaganda. Quando manda le sue giovani leve a combattere, fa credere loro che l’obiettivo sia l’apparizione del dodicesimo Imam, ma in realtà si tratta di una battaglia politica tra l’Iran e il Golfo per la Siria e per l’egemonia regionale.

E così Mahdi va, combatte e muore, perché non sa altro. Se non capiamo che anche lui è una vittima, niente potrà mai impedire a questo mostro senza cuore di divorare la regione e ogni speranza di una vera primavera.

Mahdi non voleva morire. Nei suoi occhi c’era la vita, ma la sete di sangue del secondo video è un’altra storia. È una sete che nessun Ginevra II o III o IV potrà placare. Considerare i criminali responsabili è un primo passo, ma non basterà finché Hezbollah e altri combattenti stranieri come l’ISIS non andranno via dalla Siria.

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