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“Gerusalemme senza Dio. Ritratto di una città crudele” di Paola Caridi

Paola Caridi

“Linee, confini, muri, un di qua e un di là”. In questa piccola frase è sintetizzata la rappresentazione della città di Gerusalemme, uno dei luoghi – o forse il luogo – più complessi del pianeta per le stratificazioni storiche, religiose, urbanistiche e sociali che la caratterizzano. Il luogo che più di ogni altro lega la sua reputazione e la sua notorietà a una serie di contraddizioni quali l’essere città tre volte Santa e contemporaneamente luogo di conflitti ininterrotti, luogo dove spiritualità e violenza convivono in un caos primordiale all’interno del quale è difficile orientarsi.

Paola Caridi, storica e giornalista, studiosa delle tematiche del Medio Oriente, ha vissuto per lunghi anni a Gerusalemme e in questo saggio pubblicato nel 2013 per la collana Serie Bianca de La Feltrinelli ci restituisce un affresco particolareggiato della città, scandagliandone gli aspetti urbanistici legati al susseguirsi degli avvenimenti storici, ai conflitti che nei secoli hanno visto coinvolta Gerusalemme e i suoi abitanti. Un affresco che con imparzialità descrive le molteplici facce della città, del suo cuore antico e pulsante di storia così come dei suoi sobborghi, siano essi più antichi e legati agli insediamenti originari delle popolazioni arabe siano invece quelli dei coloni israeliani che continuano a fagocitare territorio fin dalla guerra dei sei giorni del 1967.

Ci racconta della Città Vecchia, circondata dalle antiche Mura di Solimano, delle viuzze che si inerpicano sulle colline, attraversando i luoghi sacri della religione cristiana. Ci descrive le antiche pietre con cui fu costruita Gerusalemme, pietre che ancora oggi stanno a testimonianza di una tolleranza e di un rispetto che sembra ormai irrecuperabile.

Ci racconta anche la contrapposizione spaziale ed anche politica e sociale di altri due luoghi fondamentali della città, come la Spianata delle Moschee e il Muro del Pianto, l’una di fronte all’altra a rappresentare, anche figurativamente, il costante e perdurante conflitto fra Israele e Palestina.

Ma a Gerusalemme proliferano anche quelli che l’autrice definisce i “nonluoghi”, ovvero aree e zone della città dove il mescolarsi delle etnie annulla le identità e trasforma tutto in solitudine e similitudine. Il nonluogo per eccellenza è il mercato, luogo di contaminazione, luogo dove tutti sono uguali perché tutti accedono a ciò che necessita per la vita quotidiana. E allora l’autrice si chiede se possa essere proprio il mercato il luogo attraverso il quale passa la via per la pace. Ma la risposta non è così semplice.

A Gerusalemme ogni elemento urbanistico diventa pretesto per l’affermazione della superiorità dell’una fazione sull’altra, come avviene per esempio con i nomi delle strade che cambiano, divenendo “ostaggio del conflitto delle identità”.

Gerusalemme come un enorme gioco del Risiko, dove la continua contrapposizione fra israeliani e palestinesi porta alla guerra delle bandierine da apporre su pezzi di territorio, su quartieri, strade, vicoli e piazze. Un Risiko nel quale il bene conteso è la vita stessa degli abitanti di questa città, indipendentemente dalla loro identità o cultura di appartenenza, ma da considerarsi solo come esseri umani.

Quale dunque la soluzione per far tornare Gerusalemme ad essere una e indivisa, ad essere la città dell’accoglienza e della tolleranza, indipendentemente dalla religione praticata?

Secondo l’autrice la via tracciata dai negoziati di Oslo nel 1993 è, in astratto, la strada maestra: due stati per due popoli, con Gerusalemme capitale sia degli israeliani che dei palestinesi. Questo “mantra” di Oslo (così definito dalla Caridi) non troverà mai pratica applicazione fino a quando non si arriverà ad un riconoscimento reciproco da parte dei due contendenti. La reciprocità è l’elemento mancante, ma di gran lunga la chiave di volta del rompicapo costituito dal conflitto israelo-palestinese, nel mezzo del quale sta Gerusalemme, una città simbolo di contraddizioni dove la triplice santità si scontra con la crudeltà dell’assenza di un Dio davvero misericordioso che illumini le menti di chi dovrebbe governare e guidare quei popoli.

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