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E se il nuovo Papa fosse arabo?

Articolo di Giusy Regina

Da giorni sul web e sui giornali di tutto il mondo impazzano i sondaggi, le previsioni e le aspettative su chi sarà il nuovo vescovo di Roma. Per alcuni il favorito è l’italiano Angelo Scola arcivescovo di Milano, secondo altri il brasiliano Scherer. Ma in attesa della fumata bianca, c’è chi osa: e se il nuovo Papa fosse arabo?

I cardinali elettori che fanno parte del Concistoro sono 115, provenienti da tutte le parti del mondo. Di questi due sono arabi: Naguib Antonios, patriarca egiziano di Alessandria dei copti dal 2006; Rai Béchara Boutros, patriarca libanese di Antiochia dei maroniti dal 2011.

Il primo, Naguib Antonios, è il capo del Sinodo della Chiesa copta cattolica e cardinale del Concistoro dal 2010, per volontà di Benedetto XVI. Il suo motto episcopale è da sempre stato veritas, caritas e, sin dall’inizio del suo percorso, è stato particolarmente attento ai bisogni della sua gente, realizzando centri sociali e scuole cattoliche nella sua diocesi. Rappresenta inoltre il 10% circa della popolazione egiziana, copta per l’appunto.

Il secondo, Rai Béchara Boutros, nominato da Papa Giovanni Paolo II vescovo di Jbeil dei maroniti nel 1990, è diventato membro del Concistoro nel 2012. Egli rappresenta l’unico stato arabo dominato dai cristiani e non dai musulmani. In Libano infatti il 45% circa della popolazione è cristiana maronita.

Ad eccezione del Libano, per gli stati arabi vale l’equazione generale per cui una nazione araba è data dalla somma di lingua araba, cultura araba condivisa e religione musulmana. Ciononostante anche i cristiani sono stati, seppur sempre minoritari, una costante di questi paesi e da sempre presenti in tali regioni a maggioranza islamica.

Gli arabi cristiani, anche essendo un piccolo numero, sono divisi in molteplici comunità. Questa situazione di fatto ha sempre creato una sorta di psicologia di difesa nei confronti dell’altro, guidata dalla paura di sparire e di essere divorato dal più forte.

Ma i problemi legati alla libertà religiosa e di culto sono quasi sempre rimandati a loro volta alle realtà politiche dei singoli paesi arabi. Il cristianesimo in generale, riconosciuto tra “le religioni del libro”, ha senza dubbio uno status superiore rispetto ad altre minoranze per la religione musulmana.  Ciò non toglie che gli arabi cristiani sono cittadini di serie b. Se a questo aggiungiamo che l’instabilità politica provoca anche la fuga di molti di essi, si delinea una situazione più chiara e poco rassicurante.

Se fosse eletto dunque un papa arabo sarebbe una svolta per le minoranze cristiane in questi paesi, soprattutto nel momento difficile attuale. E proprio il dialogo con l’Islam potrebbe essere quella motivazione in più per il Vaticano, che andando incontro ai cristiani lavorerebbe anche per un rapporto migliore con i musulmani.

Avere un nuovo papa arabo può essere per la realtà islamica quello che è stato Karol Wojtyla per paesi dell’est: forse dopo la caduta del muro di Berlino, si ha bisogno oggi di abbatterne degli altri.

 

 

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