In quei giorni di un anno fa, l’aria di downtown era impregnata nuovamente di gas lacrimogeni, non era possibile neanche avvicinarsi al Mogamma per rinnovare il visto. Le scene ricordavano quasi i giorni della rivoluzione, durante i quali il Cairo sprofondò in un clima di incertezza e paura. Lacrimogeni, gas, cartucce e ambulanze.
Alle commemorazioni di oggi partecipano vari partiti e movimenti come Kefaya, 6 Aprile e gli Ultras Ahlawi, tutti determinati a non dimenticare i caduti di quella feroce battaglia costata la vita a decine di giovani e che ne lasciò molti altri ciechi, a causa dei cecchini ai quali fu impartito di mirare agli occhi; non per altro la via fu da molti ribattezzata nei giorni seguenti “Occhi della libertà”.
Gli slogan carichi di rabbia e frustazione sono tutti per Morsi, accusato di aver dimenticato le promesse di risarcimento alle famiglie e liberazione dei rivoluzionari detenuti e per il ministero degli Interni accusato di rimanere un covo di baltageya (criminali mercenari) con o senza Hosni Mubarak.
Un anno fa si urlava contro il “macellaio” Tantawi e la sua temuta giunta militare, ritenuti i responsabili delle violenze nel paese (dalla strage di Maspero e Mohamed Mahmoud, fino a quella di Port Said ed Abbaseya). Oggi,ad un anno di distanza , Tantawi è in pensione dopo aver ricevuto gli onori di stato dal presidente Morsi e nessuno ha pagato per questi crimini.
Molti egiziani mi spiegarono che avrebbero votato Morsi perchè Shafiq “avrebbe messo in salvo la giunta militare e lasciato in galera tutti i detenuti della rivoluzione”. Il presidente ha ancora tempo (poco) per rassicurare gli egiziani sulla scelta fatta.
Luca Pavone