Cinema Siria Zoom

Young Syrian Lenses: raccontare la resistenza

Articolo di Silvia Di Cesare.

 

 

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Foto di Enea Discepoli

“Raccontare è diverso dal guardare”. Nonostante la forza intrinseca delle parole e la capacità coinvolgente della narrativa, a volte il racconto per quanto intimo e toccante non basta. Soprattutto se si racconta una guerra.

Non basta a descrivere il clamore di una bomba, il tremore della terra, il nuovo rapporto che si instaura con la morte, la familiarità che, tutto a un tratto, avvolge la parola “fine”.

Per percepire cos’è davvero una guerra, a Ruben Lagattolla non sono bastati i racconti dei rifugiati siriani incontrati nei campi profughi iracheni: “non sono mai riuscito a ottenere una descrizione ‘reale’ di quello che succedeva in Siria.  Chiedevo: ‘com’è la guerra?’  Ma per loro era un qualcosa di scontato, una realtà che hanno vissuto, non riuscivano a fornirmi tutti i dettagli di cui avevo bisogno. Il fatto che a un certo punto decidi di chiudere la porta di casa e lasciarla per sempre.  Per loro era normale il flusso  della vita che ti porta in un campo profughi,  era normale il loro stare lì. Dovevo capire com’era”.

E per capirlo doveva guardare.

L’occasione gli si è presentata con la conoscenza di Enea Discepoli, fotoreporter che era già stato in Siria e che voleva tornare ad Aleppo per organizzare una mostra con i fotografi di Halab news.

Halab news è una rete di media attivisti nata in seguito della rivoluzione del 2011. Ad oggi conta “più di sessanta giornalisti e reporter in varie regioni della provincia di Aleppo, così come nelle zone controllate dalle forze del regime”.

L’obiettivo di questa rete  è  “trasmettere immagini e voci dalla realtà” della guerra siriana, come si legge nel loro sito. L’obiettivo è raccontare quanto sta accadendo. Nonostante siano consapevoli, anche loro, che il racconto non è sufficiente.

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Foto di Enea Discepoli

“ Sono coscienti di non essere seguiti” ci racconta Lagattolla, “la situazione di stallo che vivono non interessa ai media occidentali che hanno bisogno di novità anche nel conflitto. Per cui una volta che ci sono stati 100 morti c’è bisogno di 200 morti per far notizia, questo lo sanno”, ma nonostante ciò sanno anche che informare è importante tanto quanto imbracciare le armi.

“Quando siamo arrivati in Siria la situazione ci è apparsa molto peggiore rispetto a quella che Enea aveva trovato nei mesi passati” continua Lagattolla, “il caravanserraglio del Seicento in cui dovevamo  fare l’esposizione fotografica era stato bombardato” e quindi sono stati costretti ad abbandonare l’idea della mostra. Ma non quella di documentare la guerra.

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Foto di Enea Discepoli

Decisero, infatti, che la loro esposizione si sarebbe trasformata in un documentario, che il loro racconto della guerra siriana non sarebbe stato altro che il racconto del lavoro dei giovani reporter e giornalisti di Halab News.

“Young Syrian Lenses. Media Attivisti in Aleppo” è proprio questo. Uno sguardo sulla vita dei media attivisti siriani filmato “andando in giro con loro, vedendoli lavorare e trovandomi nelle situazioni in cui loro si trovano ogni giorno”.  La storia dei media attivisti è anche il frammento di un ragionamento più grande che Lagattolla vuole portare avanti: far capire la realtà della Siria anche al di là delle bombe. “All’inizio la gente piangeva si disperava, perché tutti ad Aleppo hanno perso un familiare, un padre,una madre.. adesso invece è diventata una routine e anche la vita ad Aleppo si svolge in modo incredibilmente normale. La gente, per esempio, cerca di mandare avanti il negozio. All’inizio per me questo era incomprensibile. Ci ho messo tanto a capire questo rapporto con la morte”.

La Siria che Lagattolla ci descrive è un paese contraddittorio: coraggioso e forte ma allo stesso tempo rassegnato. “I siriani sanno che l’Occidente vuole far vincere Assad e sanno che stanno perdendo, per questo i ragazzi cercano tutti di scappare. Uno di loro mi ha scritto che sta aspettando di avere i soldi sufficienti per poter lasciare il paese, altrimenti la lama dell’Isis arriverà anche alla sua gola”. Per lui e per molti altri giovani siriani, l’obiettivo è diventato l’Europa.

Seguire il loro viaggio è il prossimo obiettivo anche di Ruben Lagattolla: “Parlare dell’immigrazione rappresenterebbe per me come completare un percorso, chiudere un cerchio partito dai campi dei rifugiati in Iraq, passando dalla Siria. Visto che ogni giorno sento discutere di muri e frontiere penso sia necessario parlare di questo perché non è tanta strada, è Mediterraneo,  la Siria sta sul Mediterraneo” .