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“Young Syrian Activists”: per raccontare la Siria agli europei

Di Malath al-Zaabi. Al-Hayat (16/06/2014). Traduzione e sintesi di Laila Zuhra.

Circa un anno. È questo complessivamente il periodo trascorso in Siria nell’arco di quattro anni dal trentatreenne svedese Matthias Christensen, che ha iniziato con un breve soggiorno nel 2007 e ha finito per trascorrervi nove mesi tra ottobre 2010 e giugno 2011, lasciando definitivamente il Paese tre mesi dopo lo scoppio della rivoluzione. È bastato questo solo anno per creare tra questo giovane e la Siria un legame speciale da cui è nato il progetto multimediale “Young Syrian Activists”, che vuole trasmettere un’immagine diversa degli eventi siriani al pubblico europeo.

È l’approccio dei media occidentali agli eventi in Siria che ha spinto Matthias a realizzare questo progetto: “Non viene raccontato che cos’è la Siria: ci si concentra sulle questioni degli armamenti, dei rifugiati, del terrorismo e di Assad, ma non si parla di come si è arrivato a tutto ciò, né viene raccontata la storia della gente comune”.

La realizzazione del progetto, attuato in collaborazione con il belga Filip Huygens (30 anni) e il britannico Tomas Spragg (28 anni), è stata possibile grazie ai finanziamenti dello European Youth Forum, oltre a quelli forniti da due ONG e da donatori privati.

A giugno dello scorso anno, i tre giovani si sono recati in Libano e in Turchia dove hanno girato un film documentario (del quale è già stato diffuso il trailer e che quest’estate dovrebbe partecipare ad alcuni festival) che contiene interviste effettuate in diverse città libanesi e turche a tredici attivisti siriani. È previsto anche l’allestimento di una mostra fotografica itinerante, nonché la realizzazione di un libro che raccolga le storie degli attivisti accompagnate da contenuti fotografici.

Matthias, che ha ricoperto il ruolo di produttore esecutivo del film, ritiene che “gli attivisti siriani siano riusciti a trasmettere il loro messaggio all’interno del loro Paese, ma non all’estero; è stato semplice per il regime prendere di mira la rivoluzione perché è basata esclusivamente sugli individui e non sono state create istituzioni o organizzazioni su cui fare affidamento”.

Finora il progetto è riuscito a “costruire un ponte tra giornalisti occidentali e attivisti siriani in un momento in cui non sempre si ha il modo di comunicare con questi ultimi”. Matthias spiega che il sito internet del progetto è “uno spazio pubblico per gli attivisti della società civile siriana”, ma racconta anche degli ostacoli a cui hanno dovuto far fronte perché “l’isolamento che il regime di Assad ha imposto sulla Siria per decenni ha alimentato tra i siriani una cultura di riluttanza nei confronti degli stranieri”.

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