L’Opinione di Al-Quds. Al-Quds al-Arabi (23/03/2016). Traduzione e sintesi di Irene Capiferri.
Dopo molti tentativi da parte delle forze Houthi e del loro alleato, l’ex presidente yemenita Ali Saleh, di ostacolare i negoziati, il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi ha dichiarato che essi avrebbero accordato all’inviato delle Nazioni Unite Ismail Ould Cheikh Ahmed il consenso per l’attuazione della risoluzione ONU 2216. Essa prevede “il ritiro dalle città, la consegna delle armi pesanti allo stato e il rilascio dei detenuti”, ma l’accordo resta per ora sulla carta.
Nonostante sia passato quasi un anno dall’inizio dell’offensiva della coalizione arabo-saudita contro gli Houthi e i loro alleati, questi ultimi continuano a controllare la capitale Sana’a e hanno ripreso l’assedio della città di Ta’iz dopo averlo interrotto per circa dieci giorni. Il fatto è che lo Yemen deve ora uscire dal circolo =xStZOvgcpذ6outhi l’hanno portato con le loro imprese militari che possono essere considerate l’apice storico delle loro ripetute guerre contro lo Stato yemenita, e che li ha trasformati da un elemento di protesta continua ad un alleato della macchina di guerra dell’ex dittatore Saleh.
Tuttavia ciò che ha reso l’alleanza Saleh-Houti una minaccia per la sicurezza regionale araba è l’alleanza con l’Iran ed è ciò che ha portato, di conseguenza, alla reazione contrapposta violenta da parte del Golfo e degli arabi per affrontare questa triplice alleanza. Si è perciò imposta una nuova equazione regionale e mondiale, dopo l’eliminazione della copertura russa di tale alleanza con l’approvazione da parte di Mosca della risoluzione 2216, il 14 aprile dell’anno scorso.
È possibile vedere nella ratifica russa della risoluzione un seme per sviluppi ulteriori in Medio Oriente, ed è possibile, alla luce di ciò, comprendere l’intervento militare russo in Siria, che forse il Cremlino ha considerato un risarcimento in cambio del suo dono dello Yemen agli Stati arabi del Golfo; tuttavia la decisione del ritiro parziale russo dalla Siria significa che il “prezzo” corrispondente alla decisione sullo Yemen è stato dedotto (sulla pelle dei siriani), con la presa di coscienza improvvisa (sullo sfondo della guerra dei prezzi del petrolio) che procedere costerebbe alla Russia ciò che non può permettersi.
Il compromesso yemenita, in questo senso, è madre dei successivi compromessi, e lo scenario yemenita è connesso a tutti i compromessi correnti, in Yemen, come in Siria e in Libia. Lo Yemen ha pagato, come hanno pagato la Siria e la Libia, un prezzo spaventoso per un grande sogno di libertà, e malgrado l’accanirsi dei nemici arabi, comincia ad apparire una luce alla fine del tunnel.
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